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Il warfarin e la cascata coagulativa

Il warfarin, principale farmaco per la terapia anticoagulante orale (TAO), è stato per tantissimi anni il più importante aiuto nella prevenzione dell’ictus ischemico in pazienti con fibrillazione atriale, per il trattamento dell’embolia polmonare e della trombosi venosa profonda (TVP).

Appartiene alla classe degli antagonisti della Vitamina K (AVK), una molecola molto importante per i processi di formazione dei coaguli.

La molecola

Il warfarin è un derivato sintetico cumarinico con attività ottica in quanto possiede un centro chirale.

Questo farmaco è somministrato come miscela racemica, i due enantiomeri sono qualitativamente simili ma quello levogiro è il più attivo.

La sintesi

La miscela racemica viene ottenuta mediante addizione di Michael tra la 4-idrossicumarina e benzalacetone (4-fenilbut-3-en-2-one):

Per il meccanismo di sintesi visita la pagina CHIMICA ORGANICA-SINTESI.

Farmacodinamica

L’azione anticoagulante è resa possibile dall’interazione di questo farmaco con la cascata coagulativa. Il warfarin agisce come antagonista della vitamina K inibendo l’enzima vitamina K epossido reduttasi.

Ma come funziona la cascata coagulativa e qual è la funzione della vitamina K?

La formazione del coagulo avviene grazie alla presenza di una fitta rete di fibrina polimerizzata. Tutti i fattori che rendono possibile la formazione di questi polimeri sono sempre presenti nel torrente circolatorio come proteine inattive che dopo un taglio enzimatico si attivano a cascata. L’utilità di avere una cascata e non un unico fattore è l’amplificazione del segnale che viene sviluppato, rendendo possibile la conversione di una grande quantità di fibrinogeno in fibrina.

Schema di attivazione dei fattori della cascata coagulativa

I fattori sono indicati con i primi 13 numeri romani. Due vie differenti di attivazione (estrinseca e intrinseca) convergono in una via comune con l’attivazione del fattore X.

La via estrinseca è attivata da uno stimolo esterno (esogeno) come il danneggiamento di un vaso. L’endotelio danneggiato porta alla liberazione di fosfolipidi e del complesso proteico chiamato fattore tissutale che attiverà a cascata il fattore VII e successivamente il X.

La via intrinseca necessità l’esposizione del fattore di Hageman (XII) a superfici cariche negativamente come i polifosfati prodotti dalle piastrine attivate o dal collagene (presente nella matrice extracellulare).

In vivo queste due vie non sono indipendenti ma vengono sempre attivate simultaneamente.

Vitamina K1

I fattori sono assemblati su superfici fosfolipidiche grazie agli ioni calcio. Il legame dei fattori II, VII, IX e X con il calcio è mediato dalla modificazione di alcuni residui di acido glutammico della sequenza peptidica. La vitamina K permette la γ-carbossilazione di questi residui seguita da una sua ossidazione, agendo quindi da cofattore dell’enzima γglutamil carbossilasi.

Ciclo della Vitamina K

Il warfarin è in grado di bloccare il ciclo di ossidazione/riduzione della vitamina K inibendo l’enzima vitamina K epossido reduttasi. In questo modo la vitamina ossidata non può rigenerarsi e il ciclo viene bloccato.

Gli anticoagulanti nel 2021

Da diversi anni, i farmaci antagonisti della vitamina K, stanno lasciando il posto ad una nuova classe, i NAO (nuovi anticoagulanti orali), che hanno dimostrato di essere più efficaci e sicuri avendo un’azione diretta in punti specifici della cascata coagulativa. Per questa terapia, inoltre, non è più necessario il monitoraggio periodico per trovare la giusta dose di farmaco (nelle terapie con Warfarin è necessario il monitoraggio dell’INR).

Dall’ultimo rapporto OSMED (2019) pubblicato il 04/08/2020 sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco:

  1. Il consumo di anticoagulanti è in costante aumento (+34% dal 2014 al 2019)
Anticoagulanti, andamento temporale del consumo (2014-2019)

2. L’utilizzo dei NAO è in netto aumento rispetto agli antagonisti della Vitamina K che dal 2014 al 2019 hanno avuto un calo del 37%

Anticoagulanti, consumo (DDD/1000 abitanti die) per categoria terapeutica: confronto 2014-2019

3. La prescrizione di questi farmaci tende ad aumentare con l’età, con una più alta percentuale di uomini.

Distribuzione della prevalenza d’uso e del consumo 2019 di anticoagulanti
in regime di assistenza convenzionata

Conclusioni

E’ ancora prematuro affermare che la terapia anticoagulante a base di warfarin sia giunta al termine della sua corsa. Sicuramente i NAO apportano numerosi benefici come la maggior sicurezza che amplia la platea dei possibili consumatori e l’introduzione di una dose identica per tutti i pazienti (one-dose-fits-all) anche se in alcune analisi si è rilevato un sotto dosaggio a causa della poca aderenza alla terapia da parte dei pazienti (con il Warfarin erano strettamente monitorati).

In alcuni casi il Warfarin rimane ancora l’unica alternativa a questi nuovi farmaci come per esempio per pazienti con compromessa funzione renale, con valvole cardiache meccaniche e per i bambini (anche se alcuni studi sulla sicurezza dei NAO sono in corso). In ultima analisi, a causa del costo, l’utilizzo dei NAO nei paesi in via di sviluppo è limitato mantenendo il warfarin come scelta principale.

Fonti

[1] Holford, N H. “Clinical pharmacokinetics and pharmacodynamics of warfarin. Understanding the dose-effect relationship.” Clinical pharmacokinetics vol. 11,6 (1986): 483-504. doi:10.2165/00003088-198611060-00005
[2] Liu, Shixuan et al. “Structural basis of antagonizing the vitamin K catalytic cycle for anticoagulation.” Science (New York, N.Y.) vol. 371,6524 (2021): eabc5667. doi:10.1126/science.abc5667
[3] Pirmohamed, Munir. “Warfarin: The End or the End of One Size Fits All Therapy?.” Journal of personalized medicine vol. 8,3 22. 28 Jun. 2018, doi:10.3390/jpm8030022
[4] Scuola veneta di medicina generale - Guida NAO/DOACs (link:https://svemg.it/guida-nao/)
[5] Rapporto OSMED Anno 2019 del 04/08/2020 (link:https://www.aifa.gov.it/web/guest/-/rapporto-osmed-2019)
[6] DrugBank (link:https://go.drugbank.com/drugs/DB00682)

Licopene: uno dei tanti carotenoidi

Introduzione

Perché i pomodori sono rossi? Perché il tuorlo d’uovo è giallo? In questo articolo scoprirete una classe di composti naturali molto importanti per la nostra alimentazione.

I carotenoidi sono una classe di composti di origine naturare che presentano una lunga catena idrocarburica con un elevato numero di doppi legami coniugati. La presenza di questi doppi legami coniugati permette di assorbire parte delle radiazioni provenienti dal sole e rifletterne solo una parte con la conseguente colorazione della pianta o dell’alimento. Per questo motivo sono definiti anche pigmenti naturali.

I carotenoidi si possono trovare anche negli animali ma sono di origine esogena come nel tuorlo d’uovo (zeaxantina proveniente dal mais) o nelle piume degli uccelli.

I carotenoidi si dividono in due classi: caroteni e xantofille. I caroteni sono molecole costituite solo da atomi di carbonio e idrogeno come ad esempio il β-carotene (provitamina A) ed il licopene. Le xantofille sono analoghi dei caroteni ma presentano anche atomi di ossigeno come la zeaxantina e la rubixantina.

Queste molecole sono dei potenti antiossidanti e sono utili nei vegetali in associazione alla fotorespirazione perché prevengono la fotoossidazione. Questa caratteristica viene sfruttata nell’industria alimentare che utilizza questi composti come additivi per aumentare la shelf life dei prodotti.

Il licopene

Il licopene è un poli-terpene caratterizzato da 40 atomi di carbonio con 11 doppi legami coniugati.

A differenza del β-carotene non è provitaminico A (nel nostro organismo non viene convertito in vitamina A).

Questo pigmento è presente in prevalenza nella pelle e nel mesocarpio dei pomodori ma si trova in quantità minori anche in altri alimenti come l’anguria, la papaia e l’uva. E’ responsabile della colorazione rossa che si sviluppa in seguito alla maturazione.

I doppi legami si trovano tutti nella forma trans (all-trans) questa configurazione è indice di freschezza e corretta conservazione, la presenza di molecole con configurazione mono-cis o poli-cis può indicare la degradazione o l’esposizione prolungata alla luce del prodotto.

Attività benefiche del licopene

Come già annunciato per tutti i carotenoidi, la principale attività benefica del licopene è quella antiossidante.

Lo stress ossidativo è un importante fattore nelle patologie coronariche come l’ossidazione delle LDL. Il licopene previene queste ossidazione prevenendo danni cardiovascolari e aterosclerosi.

In pazienti affetti da ipertensione, il trattamento con estratti di pomodoro ricchi in antiossidanti hanno registrato una diminuzione della pressione sanguigna.

Sono stati registrati sudi che provano anche la funzione anticarcinogenica di questa molecola, con la capacità di inibire la proliferazione delle cellule tumorali, inibire il segnale del fattore di crescita, indurre l’apoptosi e sopprimere l’espressione di molecole anti-apoptotche.

Le elevate proprietà benefiche hanno portato allo sviluppo di integratori alimentari a base di licopene. La dose raccomandata non è però ancora ben precisa, si considera comunque una dose giornaliera di 5-15 mg di licopene pari a circa 300/400 grammi di pomodori freschi.

La cottura del pomodoro fa perdere la maggior parte dei suoi nutrienti?

Questo è FALSO! La cottura del pomodoro e la triturazione incrementano la biodisponibilità del licopene in quanto si rompono i legami licopene-proteine.

Anche l’olio fa la sua parte! Uno studio ha dimostrato che se si utilizza olio d’oliva durante la cottura del pomodoro la concentrazione sanguigna di all-trans licopene aumenta dell’82%.

AlimentoContenuto in licopene
(mg/100g di prodotto)
Contenuto di licopene per porzione
Pomodoro fresco3,0 mg3,7 mg (1 pomodoro)
Sugo di pomodoro14,1 mg8,9 mg (60mL)
Ketchup15,9 mg2,7 (15mL)
Concentrato di pomodoro42,2 mg13,8 (30mL)
Fonte: My Personal trainer (Link)

Estrazione del licopene

Esistono in commercio molti integratori alimentari a base di licopene. Il processo estrattivo più utilizzato è la SFE (supercritical fluids extraction) gas in fase supercritica in particolare anidride carbonica che garantisce un’alta efficienza con una minima degradazione del prodotto. Esistono anche delle tecniche di estrazione con solvente che tratterò in un prossimo articolo! STAY TUNED.

Fonti

[1] Dorai T. and Aggarwal B.B. “Role of chemopreventive agents in cancer therapy”. Cancer Lett. 2004; 215(2):129-40
[2] Blum A., Monir M.., Wirsansky I. and Ben-Arzi S. “The beneficial effects of tomatoes”. Eur. J. Intern. Med. 2005; 16(6):402-4
[3] Bhuvaneswari V., Nagini S. “Lycopene: a review of its potential as an anticancer agent”. Curr. Med. Chem. Anti-Canc. Agents. 2005; 5(6):627-35

Mentolo

Il mentolo è un composto organico contenente un gruppo ossidrilico. Il composto si ottiene mediante sintesi o estrazione dall’olio essenziale di diversi tipi di menta (piperita, campestre,…), a temperatura ambiente è un solido cristallino di colore bianco. E’ poco solubile in acqua ma miscibile in alcol e eteri.

Il mentolo contiene tre centri stereogenici quindi si può trovare in otto diverse forme chiamate stereoisomeri (2n dove n è il numero di carboni chirali).

Stereoisomeri del mentolo – Di Roland Mattern

La forma predominante in natura è la (-)-mentolo, tutte le altre forme si possono ottenere dalle sintesi in laboratorio rendendo impuro il prodotto di sintesi.

Classificazione e effetti

Il mentolo è classificato come agente aromatizzante e adiuvante  (FDA). L’effetto più conosciuto di questa molecola è quello rinfrescante ma riduce anche irritazioni della pelle e delle mucose ed è in grado di produrre un effetto analgesico locale.

Targets

Alcuni dei principali targets del mentolo sono i recettori TRP (Transient Receptor Potential cation channel) in particolare il recettore termico TRPM8 (sottofamiglia M, membro 8),  anche noto come recettore del freddo e del mentolo. Questo canale ionico, localizzato principalmente a livello del neurone afferente primario, è attivato dal freddo e da agenti rinfrescanti come il mentolo e consente l’ingresso di ioni calcio e sodio che provocano una depolarizzazione della cellula nervosa e la conseguente trasmissione all’encefalo della  sensazione di freddo. Altri canali simili che possono essere attivati dal mentolo sono TRPA1 e TRPV3.

Il mentolo è anche agonista (si lega e ha funzione di attivatore) del recettore k-oppioide OPRK1. Questo recettore lega composti simili agli oppioidi e regola l’alterazione della nocicezione (sensazione del dolore), l’umore, la coscienza e il controllo motorio. Il mentolo attivando il recettore ha un effetto analgesico senza dare alcun effetto di dipendenza.

Applicazioni

Il mentolo oltre a trovarsi nei farmaci come adiuvante, è utilizzato nelle sigarette per ridurre l’irritazione della gola provocata dal fumo.

Si utilizza anche come additivo aromatizzante nei dentifrici e nelle caramelle.

Alcune creme contengono mentolo con funzione di analgesico locale e si utilizzano per il trattamento di crampi e strappi muscolari.

Fonti

Chem.libretexts.org (Strategies in (-)-Menthol syntesis) – link
DrugBank – link
PubChem – link

McKemy DD. TRPM8: The Cold and Menthol Receptor. In: Liedtke WB, Heller S, editors. TRP Ion Channel Function in Sensory Transduction and Cellular Signaling Cascades. Boca Raton (FL): CRC Press/Taylor & Francis; 2007. Chapter 13. Available from: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK5238/

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Cinnamaldeide

La cannella è la spezia invernale per eccellenza, utilizzata sia nei piatti dolci che salati. Questo bastoncino non è altro che la corteccia essiccata ed arrotolata dell’omonimo albero sempreverde.

Oltre che essere un’ottima spezia dal punto di vista culinario, si è dimostrata essere molto efficace anche in ambito terapeutico.

L’olio essenziale

Dalla cannella è possibile estrarne l’olio essenziale attraverso distillazione in corrente di vapore, ovvero una tecnica che sfrutta la proprietà fisica degli oli essenziali di essere volatili e quindi facilmente vaporizzabili e trascinabili dal vapore acqueo. La composizione chimica di questo olio prevede varie molecole tra cui eugenolo, acido cinnamico e cinnamaldeide, sulla quale ora ci soffermeremo nel dettaglio.

La cinnamaldeide è la componente più abbondante dell’olio essenziale di cannella (90% ca.) ed è l’aldeide che conferisce il caratteristico sapore e odore dolciastro e pungente. La sua biodisponibilità (quantità, dopo l’introduzione nell’organismo, effettivamente utilizzata) è piuttosto bassa, <20%, e la maggior parte è escreta dalle urine come acido cinnamico.

Usi, benefici e avvertenze

È utilizzata per le sue proprietà fungicida, insetticida, carminativa e addirittura anticorrosiva per l’acciaio. Diversi studi hanno dimostrato il suo effetto ipoglicemizzante, in pazienti diabetici, e ipocolesterolemizzante, in pazienti affetti da patologie cardiovascolari. Inoltre, grazie alla sua proprietà antibatterica, pare essere molto efficace contro le infezioni da H. pylori che causano disturbi gastrointestinali.

A livello industriale, questa molecola viene ottenuta per condensazione aldolica della benzaldeide con l’acetaldeide e viene utilizzata nell’industria dei profumi come fragranza.

Sebbene presenti molti benefici, l’olio essenziale puro di cannella a contatto diretto con la pelle può avere un effetto irritante (che se prolungato oltre le 48h può provocare ustioni superficiali!) e causare infiammazione ed erosione della mucosa gastrointestinale. Inoltre, può essere tossica a dosi elevate.

E’ stato osservato negli ultimi anni un costante incremento di casi di dermatite allergica da contatto (ACD) dovuti all’aumento del consumo di profumi e creme che utilizzano l’aldeide cinnamica come fragranza. L’ACD è diagnosticabile grazie ad un comune patch test.

Pagina: ESTRAZIONE DELLA CINNAMALDEIDE DALLA CANNELLA

Fonti e letture consigliate

  • DrugBank.ca: Cinnamaldehyde
  • National Center for Biotechnology Information. PubChem Compound Summary for CID 637511, Cinnamaldehyde. https://pubchem.ncbi.nlm.nih.gov/compound/Cinnamaldehyde.
  • Muhammad, Jibran Sualeh et al. “Anti-inflammatory effect of cinnamaldehyde in Helicobacter pylori induced gastric inflammation.” Biological & pharmaceutical bulletin vol. 38,1 (2015): 109-15. doi:10.1248/bpb.b14-00609
  • Ali, Shaik Mahaboob et al. “Antimicrobial activities of Eugenol and Cinnamaldehyde against the human gastric pathogen Helicobacter pylori.” Annals of clinical microbiology and antimicrobials vol. 4 20. 21 Dec. 2005, doi:10.1186/1476-0711-4-20
  • Subash Babu, P et al. “Cinnamaldehyde–a potential antidiabetic agent.” Phytomedicine : international journal of phytotherapy and phytopharmacology vol. 14,1 (2007): 15-22. doi:10.1016/j.phymed.2006.11.005
  • Zhu R, Liu H, Liu C, et al. Cinnamaldehyde in diabetes: A review of pharmacology, pharmacokinetics and safety. Pharmacol Res. 2017;122:78-89. doi:10.1016/j.phrs.2017.05.019
  • Valentina Viti, La Cannella: rimedio naturale contro le iperglicemie?

PET: studiati i batteri in grado di degradarlo

Il PET (polietilene tereftalato) è una resina polimerica termoplastica, utilizzata come contenitore per bevande e alimenti, come fibre per abiti ma è anche utilizzata in celle fotovoltaiche a strato sottile. Nella sua forma amorfa, che si ha quando le molecole vengono fatte raffreddare velocemente e non hanno il tempo di riordinarsi, il PET è trasparente, mentre in quella semi-cristallina è opaca e bianca.

Monomero del polietilene tereftalato

L’unità base di questo polimero è costituita da acido tereftalico condensato con etilene.

Questo poliestere viene utilizzato come contenitore di bevande per le sue proprietà fisiche di barriera per i gas e l’umidità, per la sua resistenza agli urti, per la sua resistenza a temperature elevate (il polimero può raggiungere i 72°C sopra i quali diventa gommoso) e per il suo basso costo di produzione.

Nel 2015 sono state prodotte 20 milioni di tonnellate di PET per diversi utilizzi, se per semplificare ipotizzassimo che tutto questo PET sia stato utilizzato per produrre le classiche bottigliette d’acqua da 0,5L dal peso di circa 9,89 grammi e dal diametro di 5,8 cm, saremmo in grado, con queste bottigliette, di ricoprire per ben due volte la superficie dell’Italia!

Produzione

La produzione industriale del PET può avvenire mediante reazioni di transesterificazione o esterificazione:

    • DMT process: il dimetil-tereftalato è fatto reagire con un eccesso di glicole etilenico a temperature di 150-200°C in catalisi basica. Il metanolo che si produce è rimosso mediante distillazione. Il secondo step è condotto a temperature più elevate di circa 270-280°C e porta alla formazione del polimero e all’evaporazione del glicole in eccesso.

      Transesterificazione By Jü – Own work, CC BY-SA 4.0
    • Esterificazione del tereftalato: glicole etilenico è fatto reagire con tereftalato acido con temperature di 220-260°C e pressioni di 2,7-5,5 bar. L’acqua che è formata è eliminata per distillazione direttamente durante la reazione.

      Esterificazione By Jü – Own work, CC BY-SA 4.0

Riciclaggio

Il PET è un materiale riciclabile, può seguire due principali processi di riciclaggio: uno meccanico e uno chimico. Il riciclaggio meccanico consiste nel ridurre in polvere il PET e rifonderlo in nuovi oggetti non più ad uso alimentare. Il riciclaggio chimico permette invece di riottenere i monomeri di partenza e quindi creare nuovamente PET anche per uso alimentare, quest’ultimo metodo è vantaggioso perché non produce prodotti deprezzati di qualità inferiore.

Processi biotecnologici

Nel 2016 è stato scoperto un batterio (Ideonella sakaiensis) che si nutre del PET che viene digerito da due enzimi Mhetase e Petase, nel 2018 è state sequenziata la struttura proteica della Petase ed ora anche quella della Mhetase. L’enzima Petase è una forbice molecolare che scompone il materiale plastico in monomeri mentre la Mhetase scompone in glicole etilenico e acido tereftalico il PET.

The structure of I. sakaiensis MHETase displays a bipartite domain architecture. a I. sakaiensis PETase and MHETase degrade PET to terephthalic acid and ethylene glycol. Side products are not shown. b MHETase structure with the α/β-hydrolase domain (MHETaseHyd) colored in salmon and the lid domain (MHETaselid) in light blue. Disulfide bonds are shown as sticks. c Close-up view of the MHETase catalytic triad, oxyanion hole and the water molecules in the substrate-binding site. d A. oryzae FaeB (PDB-ID: 3WMT24), α/β-hydrolase domain (AoFaeBHyd) in crimson red, lid domain (AoFaeBLid) in cyan. e Close-up view of the AoFaeB catalytic triad, oxyanion hole and the water molecules in the substrate-binding site. Dashed lines indicate hydrogen bonds, rotation angles relate to the overview. Interacting residues are shown as sticks and colored by atom type. Carbon—as given for the respective molecule; nitrogen—blue; oxygen—red; sulfur—yellow. Water oxygens are shown as green spheres. Calcium is shown as purple sphere

Emergenza plastica

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature del 2016 ha analizzato l’inquinamento nel mediterraneo da materiale plastico e micro-plastico, il più abbondante tipo di plastica analizzata è il polietilene con un’abbondanza del 52%, seguito poi dal polipropilene 16%. Anche il PET, nonostante sia un materiale completamente riciclabile è stato ritrovato anche se in basse percentuali (<1%).

 

MACPLAS ONLINE – www. macplas.it
SCIENTIFIC REPORT n.1717 (2019) – Nature.com – Scructure of the plastic – degrading Ideonella sakaiensis Mhetase bound to a substrate
SCIENTIFIC REPORT n.37551 (2016) – Nature.com – The Mediterranean Plastic Soup

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