Tutti gli articoli di Matteo Chiodini

Studente di CTF presso Università del Piemonte orientale Corpora non agunt nisi fixata

Il warfarin e la cascata coagulativa

Il warfarin, principale farmaco per la terapia anticoagulante orale (TAO), è stato per tantissimi anni il più importante aiuto nella prevenzione dell’ictus ischemico in pazienti con fibrillazione atriale, per il trattamento dell’embolia polmonare e della trombosi venosa profonda (TVP).

Appartiene alla classe degli antagonisti della Vitamina K (AVK), una molecola molto importante per i processi di formazione dei coaguli.

La molecola

Il warfarin è un derivato sintetico cumarinico con attività ottica in quanto possiede un centro chirale.

Questo farmaco è somministrato come miscela racemica, i due enantiomeri sono qualitativamente simili ma quello levogiro è il più attivo.

La sintesi

La miscela racemica viene ottenuta mediante addizione di Michael tra la 4-idrossicumarina e benzalacetone (4-fenilbut-3-en-2-one):

Per il meccanismo di sintesi visita la pagina CHIMICA ORGANICA-SINTESI.

Farmacodinamica

L’azione anticoagulante è resa possibile dall’interazione di questo farmaco con la cascata coagulativa. Il warfarin agisce come antagonista della vitamina K inibendo l’enzima vitamina K epossido reduttasi.

Ma come funziona la cascata coagulativa e qual è la funzione della vitamina K?

La formazione del coagulo avviene grazie alla presenza di una fitta rete di fibrina polimerizzata. Tutti i fattori che rendono possibile la formazione di questi polimeri sono sempre presenti nel torrente circolatorio come proteine inattive che dopo un taglio enzimatico si attivano a cascata. L’utilità di avere una cascata e non un unico fattore è l’amplificazione del segnale che viene sviluppato, rendendo possibile la conversione di una grande quantità di fibrinogeno in fibrina.

Schema di attivazione dei fattori della cascata coagulativa

I fattori sono indicati con i primi 13 numeri romani. Due vie differenti di attivazione (estrinseca e intrinseca) convergono in una via comune con l’attivazione del fattore X.

La via estrinseca è attivata da uno stimolo esterno (esogeno) come il danneggiamento di un vaso. L’endotelio danneggiato porta alla liberazione di fosfolipidi e del complesso proteico chiamato fattore tissutale che attiverà a cascata il fattore VII e successivamente il X.

La via intrinseca necessità l’esposizione del fattore di Hageman (XII) a superfici cariche negativamente come i polifosfati prodotti dalle piastrine attivate o dal collagene (presente nella matrice extracellulare).

In vivo queste due vie non sono indipendenti ma vengono sempre attivate simultaneamente.

Vitamina K1

I fattori sono assemblati su superfici fosfolipidiche grazie agli ioni calcio. Il legame dei fattori II, VII, IX e X con il calcio è mediato dalla modificazione di alcuni residui di acido glutammico della sequenza peptidica. La vitamina K permette la γ-carbossilazione di questi residui seguita da una sua ossidazione, agendo quindi da cofattore dell’enzima γglutamil carbossilasi.

Ciclo della Vitamina K

Il warfarin è in grado di bloccare il ciclo di ossidazione/riduzione della vitamina K inibendo l’enzima vitamina K epossido reduttasi. In questo modo la vitamina ossidata non può rigenerarsi e il ciclo viene bloccato.

Gli anticoagulanti nel 2021

Da diversi anni, i farmaci antagonisti della vitamina K, stanno lasciando il posto ad una nuova classe, i NAO (nuovi anticoagulanti orali), che hanno dimostrato di essere più efficaci e sicuri avendo un’azione diretta in punti specifici della cascata coagulativa. Per questa terapia, inoltre, non è più necessario il monitoraggio periodico per trovare la giusta dose di farmaco (nelle terapie con Warfarin è necessario il monitoraggio dell’INR).

Dall’ultimo rapporto OSMED (2019) pubblicato il 04/08/2020 sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco:

  1. Il consumo di anticoagulanti è in costante aumento (+34% dal 2014 al 2019)
Anticoagulanti, andamento temporale del consumo (2014-2019)

2. L’utilizzo dei NAO è in netto aumento rispetto agli antagonisti della Vitamina K che dal 2014 al 2019 hanno avuto un calo del 37%

Anticoagulanti, consumo (DDD/1000 abitanti die) per categoria terapeutica: confronto 2014-2019

3. La prescrizione di questi farmaci tende ad aumentare con l’età, con una più alta percentuale di uomini.

Distribuzione della prevalenza d’uso e del consumo 2019 di anticoagulanti
in regime di assistenza convenzionata

Conclusioni

E’ ancora prematuro affermare che la terapia anticoagulante a base di warfarin sia giunta al termine della sua corsa. Sicuramente i NAO apportano numerosi benefici come la maggior sicurezza che amplia la platea dei possibili consumatori e l’introduzione di una dose identica per tutti i pazienti (one-dose-fits-all) anche se in alcune analisi si è rilevato un sotto dosaggio a causa della poca aderenza alla terapia da parte dei pazienti (con il Warfarin erano strettamente monitorati).

In alcuni casi il Warfarin rimane ancora l’unica alternativa a questi nuovi farmaci come per esempio per pazienti con compromessa funzione renale, con valvole cardiache meccaniche e per i bambini (anche se alcuni studi sulla sicurezza dei NAO sono in corso). In ultima analisi, a causa del costo, l’utilizzo dei NAO nei paesi in via di sviluppo è limitato mantenendo il warfarin come scelta principale.

Fonti

[1] Holford, N H. “Clinical pharmacokinetics and pharmacodynamics of warfarin. Understanding the dose-effect relationship.” Clinical pharmacokinetics vol. 11,6 (1986): 483-504. doi:10.2165/00003088-198611060-00005
[2] Liu, Shixuan et al. “Structural basis of antagonizing the vitamin K catalytic cycle for anticoagulation.” Science (New York, N.Y.) vol. 371,6524 (2021): eabc5667. doi:10.1126/science.abc5667
[3] Pirmohamed, Munir. “Warfarin: The End or the End of One Size Fits All Therapy?.” Journal of personalized medicine vol. 8,3 22. 28 Jun. 2018, doi:10.3390/jpm8030022
[4] Scuola veneta di medicina generale - Guida NAO/DOACs (link:https://svemg.it/guida-nao/)
[5] Rapporto OSMED Anno 2019 del 04/08/2020 (link:https://www.aifa.gov.it/web/guest/-/rapporto-osmed-2019)
[6] DrugBank (link:https://go.drugbank.com/drugs/DB00682)

Teconologia crispr-cas: la serie (ep. 1)

Primo episodio: i locus CRISPR

La perfezione della natura ha sempre spinto i ricercatori a cercare di imitarla e sfruttarla. In questa serie di articoli conosceremo una delle tecniche di editing genomico più alla moda di questi tempi che ha ricevuto il tanto ambito premio Nobel per la chimica nel 2020.

Partiremo con un viaggio nella storia per scoprire in che modo sono state scoperte queste tecnologie e come l’uomo è stato in grado di sfruttarle e usarle a suo piacimento per poi analizzare anche da un punto di vista etico la possibilità di utilizzare queste tecnologie in un futuro quasi alle porte.

Buon viaggio!

Un po’ di storia del materiale genetico

Prima di entrare nel dettaglio di questa tecnologia è necessario dare, anche ai meno esperti, un’infarinatura generale sul materiale genetico contenuto nelle cellule.

Il DNA (acido deossiribonucleico) fu isolato per la prima volta nel 1869 da Friedrich Miescher che estrasse questa molecola da linfociti contenuti nel pus presente su bende chirurgiche.

Se sei interessato alla scoperta e al primo protocollo di estrazione del DNA visita questo articolo:

Dahm, Ralf. “Friedrich Miescher and the discovery of DNA.” Developmental biology vol. 278,2 (2005): 274-88. doi:10.1016/j.ydbio.2004.11.028

Altre scoperte chiave avvengono negli anni successivi. Nel 1928 Frederick Griffith osservò che alcuni caratteri fenotipici potevano essere trasferiti da batteri morti ad altri batteri vivi e a questa informazione genetica trasferita diede il nome di principio trasformante.

Solo nel 1944 Oswald T. Avery, Colin MacLeod e Maclyn McCarty dimostrarono che questo “principio trasformante” non era di natura proteica ma era DNA. La conferma che il DNA è il vettore dell’informazione genetica avvenne nel 1952 quando Alfred Hershey e Martha Chase usarono un virus (Batteriofago T2) con DNA marcato con fosforo radioattivo, dopo aver infettato un batterio, ritrovarono questo isotopo anche nella progenie virale cosa che non successe quando usarono zolfo radioattivo che marcava le proteine.

La composizione del DNA viene scoperta nel 1929 da Phoebus Levene che identifica le basi azotate adenina, timina, citosina e guanina, ma la struttura tridimensionale venne osservata per la prima volta nel 1953: Rosalind Franklin e Maurice Wilkins dimostrarono la struttura regolare e ripetuta a elica, James Watson e Francis Crick perfezionarono la definizione in struttura a doppia elica dove l’adenina è sempre associata alla timina e la citosina alla guanina.

Nel 1957 Francis Crick propose il celebre Dogma Centrale secondo il quale l’informazione contenuta nel DNA viene trascritta in RNA e successivamente tradotta in proteine.

A questo link trovi un riepilogo degli avvenimenti più importanti:

La scoperta del DNA è molto recente e la ricerca sta procedendo a velocità sostenuta sia in campo medico ma anche in quello agrario e alimentare per creare dei nuovi prodotti innovativi e resistenti.

Scoperta delle regioni CRISPR

Nel 1989, Francisco Mojica, un dottorando dell’Università di Alicante, durante i suoi studi su Haloferax mediterranei (Archea alofili) trovò delle particolari strutture nel loro DNA che si ripetevano ad intervalli regolari mai osservate prima nei microorganismi. Queste strutture erano costituite da sequenze di 30 basi circa, con regioni palindromiche (vedi nel box verde il significato), intervallate da sequenze diverse tra loro di circa 36 basi. Ritrovò presto queste sequenze anche in altri microorganismi estremofili come H. volcanii.

Nello stesso periodo anche un gruppo di ricercatori giapponese trovò queste sequenze ripetute in un batterio molto famoso, l’E. Coli.

Inizialmente queste regioni erano chiamate SRSR (Short Regularly Spaced Repeats), una definizione più specifica è stata data negli anni successivi ed è così che nacque CRISPR (Clustered Regularly Intespaced Short Palindromic Repeats): brevi ripetizioni palindromiche raggruppate e separate ad intervalli regolari.

Figura: locus CRISPR con sequenze ripetute (esagoni) e spacer (rettangoli). Sono riportati esempi di sequenze delle ripetizioni di Haloferax mediterranei e E. coli; le sequenze in rosso rappresentano le ripetizioni palindromiche.
Sequenza palindromica

NOTA
Sequenze palindromiche: sono sequenze nucleotidiche del genoma che lette in direzione 5’-3’ risultano identiche se lette in direzione 3’-5’.

Struttura a croce

Quando questa struttura presenta, esattamente al centro, delle altre basi nucleotidiche possono causare la formazione di particolari strutture primarie del materiale genico. Se è interessata un’unica catena la struttura si chiamerà forcina, se sono entrambe le catene coinvolte la struttura è detta a croce.

Nel 2002 alcuni ricercatori hanno scoperto la presenta di geni nelle immediate vicinanze dei locus CRISPR chiamandoli CAS (Crispr-Associated). Di questi geni parleremo in modo più approfondito nei prossimi articoli. (Link)

L’origine e la funzione dei locus CRISPR era ancora sconosciuta.

Scoperta dell’origine dei locus CRISPR

Nel 2003, Francisco Mojica, decise di concentrarsi sugli spacer e ricercò nei database delle similitudini tra queste regioni e altre sequenze di DNA note. In una settimana di analisi, Mojica, trovò correlazioni tra la maggior parte degli spacer e delle regioni del materiale genetico di diversi virus.

Si ipotizzò per la prima volta la funzione di queste sequenze CRISPR e dei geni CAS che secondo Mojica era quella di proteggere i microorganismi da attacchi virali con un ancestrale sistema immunitario adattativo.

Con questo concludo il primo articolo sul sistema di modificazione genica CRISPR-CAS. Nei prossimi “episodi” cercheremo di capire come vengono trasferite alcune regioni dal DNA virale al genoma dei microorganismi e perché si sviluppa un’immunità adattativa.

Grazie per la tua curiosità!

Bibliografia e letture consigliate

[1] Lander, Eric S. “The Heroes of CRISPR.” Cell vol. 164,1-2 (2016): 18-28. doi:10.1016/j.cell.2015.12.041
[2] Bolotin, Alexander et al. “Clustered regularly interspaced short palindrome repeats (CRISPRs) have spacers of extrachromosomal origin.” Microbiology (Reading, England) vol. 151,Pt 8 (2005): 2551-2561. doi:10.1099/mic.0.28048-0
[3] Mojica, Francisco J M, and Francisco Rodriguez-Valera. “The discovery of CRISPR in archaea and bacteria.” The FEBS journal vol. 283,17 (2016): 3162-9. doi:10.1111/febs.13766

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IL CIOCCOLATO: una piacevole abitudine alimentare (1)

1. Introduzione

Il cioccolato…, già solo la parola fa venire l’acquolina in bocca.

Lo sapevi che in Italia il consumo medio di cioccolato è di circa 4 Kg a persona all’anno (circa 11 g al giorno)? Riusciamo a battere la Cina dove ogni abitante ne consuma 100 g all’anno. Ma non siamo nenanche i primi, la medaglia d’oro va agli svizzeri che consumano ben 8,8 Kg di cioccolato a persona all’anno! (Fonte: Euromonitori 2017)

Altra curiosità: tu come gusti il cioccolato? Fai parte del 99 % delle persone che lo masticano?

Ammetto che anche io facevo parte di quel 99 %, ma dovete provare, prendete un quadretto di cioccolato prestando molta attenzione al suono della rottura, anche quella è degustazione, appoggiatelo sulla lingua, spingilo contro il palato e …cuicciate. Questo vi permetterà di gustare meglio gli aromi e diminuire il sapore amaro.

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In questo primo articolo sul cioccolato analizzeremo da dove deriva il cacao e quali sono le fasi del processo produttivo del cioccolato!

Continua la lettura nella pagina seguente!

Licopene: uno dei tanti carotenoidi

Introduzione

Perché i pomodori sono rossi? Perché il tuorlo d’uovo è giallo? In questo articolo scoprirete una classe di composti naturali molto importanti per la nostra alimentazione.

I carotenoidi sono una classe di composti di origine naturare che presentano una lunga catena idrocarburica con un elevato numero di doppi legami coniugati. La presenza di questi doppi legami coniugati permette di assorbire parte delle radiazioni provenienti dal sole e rifletterne solo una parte con la conseguente colorazione della pianta o dell’alimento. Per questo motivo sono definiti anche pigmenti naturali.

I carotenoidi si possono trovare anche negli animali ma sono di origine esogena come nel tuorlo d’uovo (zeaxantina proveniente dal mais) o nelle piume degli uccelli.

I carotenoidi si dividono in due classi: caroteni e xantofille. I caroteni sono molecole costituite solo da atomi di carbonio e idrogeno come ad esempio il β-carotene (provitamina A) ed il licopene. Le xantofille sono analoghi dei caroteni ma presentano anche atomi di ossigeno come la zeaxantina e la rubixantina.

Queste molecole sono dei potenti antiossidanti e sono utili nei vegetali in associazione alla fotorespirazione perché prevengono la fotoossidazione. Questa caratteristica viene sfruttata nell’industria alimentare che utilizza questi composti come additivi per aumentare la shelf life dei prodotti.

Il licopene

Il licopene è un poli-terpene caratterizzato da 40 atomi di carbonio con 11 doppi legami coniugati.

A differenza del β-carotene non è provitaminico A (nel nostro organismo non viene convertito in vitamina A).

Questo pigmento è presente in prevalenza nella pelle e nel mesocarpio dei pomodori ma si trova in quantità minori anche in altri alimenti come l’anguria, la papaia e l’uva. E’ responsabile della colorazione rossa che si sviluppa in seguito alla maturazione.

I doppi legami si trovano tutti nella forma trans (all-trans) questa configurazione è indice di freschezza e corretta conservazione, la presenza di molecole con configurazione mono-cis o poli-cis può indicare la degradazione o l’esposizione prolungata alla luce del prodotto.

Attività benefiche del licopene

Come già annunciato per tutti i carotenoidi, la principale attività benefica del licopene è quella antiossidante.

Lo stress ossidativo è un importante fattore nelle patologie coronariche come l’ossidazione delle LDL. Il licopene previene queste ossidazione prevenendo danni cardiovascolari e aterosclerosi.

In pazienti affetti da ipertensione, il trattamento con estratti di pomodoro ricchi in antiossidanti hanno registrato una diminuzione della pressione sanguigna.

Sono stati registrati sudi che provano anche la funzione anticarcinogenica di questa molecola, con la capacità di inibire la proliferazione delle cellule tumorali, inibire il segnale del fattore di crescita, indurre l’apoptosi e sopprimere l’espressione di molecole anti-apoptotche.

Le elevate proprietà benefiche hanno portato allo sviluppo di integratori alimentari a base di licopene. La dose raccomandata non è però ancora ben precisa, si considera comunque una dose giornaliera di 5-15 mg di licopene pari a circa 300/400 grammi di pomodori freschi.

La cottura del pomodoro fa perdere la maggior parte dei suoi nutrienti?

Questo è FALSO! La cottura del pomodoro e la triturazione incrementano la biodisponibilità del licopene in quanto si rompono i legami licopene-proteine.

Anche l’olio fa la sua parte! Uno studio ha dimostrato che se si utilizza olio d’oliva durante la cottura del pomodoro la concentrazione sanguigna di all-trans licopene aumenta dell’82%.

AlimentoContenuto in licopene
(mg/100g di prodotto)
Contenuto di licopene per porzione
Pomodoro fresco3,0 mg3,7 mg (1 pomodoro)
Sugo di pomodoro14,1 mg8,9 mg (60mL)
Ketchup15,9 mg2,7 (15mL)
Concentrato di pomodoro42,2 mg13,8 (30mL)
Fonte: My Personal trainer (Link)

Estrazione del licopene

Esistono in commercio molti integratori alimentari a base di licopene. Il processo estrattivo più utilizzato è la SFE (supercritical fluids extraction) gas in fase supercritica in particolare anidride carbonica che garantisce un’alta efficienza con una minima degradazione del prodotto. Esistono anche delle tecniche di estrazione con solvente che tratterò in un prossimo articolo! STAY TUNED.

Fonti

[1] Dorai T. and Aggarwal B.B. “Role of chemopreventive agents in cancer therapy”. Cancer Lett. 2004; 215(2):129-40
[2] Blum A., Monir M.., Wirsansky I. and Ben-Arzi S. “The beneficial effects of tomatoes”. Eur. J. Intern. Med. 2005; 16(6):402-4
[3] Bhuvaneswari V., Nagini S. “Lycopene: a review of its potential as an anticancer agent”. Curr. Med. Chem. Anti-Canc. Agents. 2005; 5(6):627-35

Mioglobina

La mioglobina (Mb) è una proteina globulare citoplasmatica che si differenzia dall’emoglobina perché presenta una sola catena polipeptidica di 153 residui amminoacidici che lega un solo gruppo prostetico (eme).

Leggi l’articolo dell’emoglobina dove trattiamo le funzionalità del gruppo eme (link)

La mioglobina è in grado di legare reversibilmente una molecola di ossigeno alla volta con un’affinità superiore rispetto all’emoglobina, ha infatti la funzione di conservare l’ossigeno nei tessuti periferici (in particolare nei muscoli scheletrici e cardiaci) e di rilascialo in caso di ipossia o anossia.

Diversamente dall’emoglobina, la mioglobina, ha un’affinità all’ossigeno superiore e descritta da una curva iperbolica e non sigmoidale.

Curva di saturazione dell’emoglobina adulta, fetale e della mioglobina – By Leticia

Il legame con l’ossigeno dipende esclusivamente dai movimenti molecolari (respirazione) della proteina e non dal legame cooperativo con l’ossigeno. La saturazione della proteina si ha già a basse pressioni parziali di ossigeno.

In questo modo l’emoglobina, una volta raggiunti i tessuti periferici, può trasferire le molecole di ossigeno alla mioglobina che le tratterrà e rilascerà al bisogno.

L’espressione della mioglobina è aumentata nei muscoli sottoposti a contrazioni croniche e nelle persone che vivono in alta quota.

L’emoglobina e l’imbrunimento della carne

Al supermercato chi non ha mai scelto la carne per il suo colore? Una carne dal colore rosso brillante avrà statisticamente più possibilità di essere venduta rispetto ad una carne dal colore meno roseo.

La mioglobina è il principale responsabile della colorazione della carne fresca mentre l’emoglobina contenuta nel sangue viene persa durante il taglio e quindi influisce in minima parte.

Nelle carni fresche la mioglobina può esistere in quattro diverse forme: la ossimioglobina (OxyMb), carbossimioglobina (COMb), deossiemoglobina (DeoxyMb) e metamioglobina (MetMb). Le prime tre presentano uno ione ferroso (Fe2+) mentre la MetMb lo ione ferrico (Fe3+). Le forme OxyMb e COMb sono di colore rosso ciliegia mentre la forma DeoxyMb è violacea e la forma ossidata MetMb, dove l’ossigeno è sostituito da una molecola di acqua, è marroncina. La causa della colorazione brunastra è data quindi dall’ossidazione dell’atomo di ferro che passa da 2+ a 3+.

Myoglobin redox forms in fresh meats. (from Mancini & Hunt 2005)

L’imballaggio e l’addizione di antiossidanti sono le due tecniche principali per prevenire l’imbrunimento delle carni fresche.

MAP

Per la conservazione delle carni si usano imballaggi ad atmosfera modificata MAP (Modified Atmosphere Packaging). Vengono utilizzate atmosfere protettive ad alto contenuto in ossigeno e anidride carbonica e a basso contenuto di monossido di carbonio (inferiore allo 0.4%) e azoto.

Una nuova frontiera delle MAP è l’utilizzo di atmosfere “ricche” in CO (fino all’1%) che prolungano la shelf life (durabilità) fino a 21 giorni rispetto ai 14 giorni dell’atmosfera ricca in ossigeno.

Antiossidanti

Gli antiossidanti possono essere somministrati prima della macellazione o dopo per ridurre al minimo il deterioramento. Sono utilizzati sia antiossidanti naturali tra cui il rosmarino, estratti di semi d’uva o estratti di foglie d’olivo ma sono spesso utilizzati anche antiossidanti sintetici come i lattati, succinati, il piruvato. L’azione di questi antiossidanti varia anche a seconda dell’atmosfera che viene utilizzata nel packaging.

Myoglobin: an essential hemoprotein in striated muscle George A. Ordway, Daniel J. Garry Journal of Experimental Biology 2004 207: 3441-3446; doi: 10.1242/jeb.01172

Myoglobin Chemistry and Meat Color - Surendranath P. Suman and Poulson Joseph - Annual Review of Food Science and Technology 2013 4:1, 79-99

Emoglobina

Introduzione

L’emoglobina (abbreviata Hb) è una proteina appartenente alla classe delle globine e come la maggior parte delle proteine di questa classe, svolge funzione di immagazzinatore di ossigeno. La struttura quaternaria è un tetramero costituito da due catene α di 141 residui ciascuna e di due catene β di 146 residui ciascuna. Sono presenti sia interazioni di tipo idrofobico che ponti idrogeno e coppie ioniche che stabilizzano la struttura quaternaria.

Struttura 3D dell’emoglobina

Ognuna delle quattro catene trasporta un gruppo eme, costituito da una molecola organica complessa (la protoporfirina) che coordina uno ione ferroso (Fe2+). Questo metallo è in grado di formare sei legami di coordinazione: quattro sono utilizzati per legare l’azoto degli anelli pirrolici e altri due perpendicolari alla protoporfirina che legano da un lato un residuo di istidina della proteina e dall’altro lega in modo reversibile una molecola di ossigeno.

Gruppo eme (ione ferroso complessato dalla protoporfirina)

Il ferro è anche il responsabile della colorazione rossa del nostro sangue!

Stati conformazionali

L’emoglobina può esistere in due stati conformazionali differenti: T (tesa) e R (rilassata). Lo stato R ha una maggior affinità per l’ossigeno e quindi sarà la forma prevalente dell’ossiemoglobina. Lo stato T è la conformazione della deossiemoglobina. La transizione tra questi due stati determina una rottura e formazione di nuovi legami ionici.

Stati conformazionali emoglobina – Shuchismita Dutta, David Goodsell
doi:10.2210/rcsb_pdb/mom_2003_5

Nella forma T il gruppo eme tende ad assumere una forma a cupola dove l’atomo di Fe viene ad essere attratto dall’istidina prossimale, nella forma R il gruppo eme e l’atomo di Fe sono sullo stesso piano. Le due immagini rappresentano uno zoom del gruppo eme rispettivamente nella forma T e R.

La possibilità di modificare il proprio stato di transizione determina una curva di legame all’ossigeno sigmoide. Questo determina una bassa affinità all’ossigeno a basse pressioni parziali e un’alta affinità ad alte pressioni parziali di ossigeno (curva verde).

Funzione metaboliche

L’emoglobina ha un ruolo fondamentale nel trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai tessuti periferici. L’affinità all’ossigeno può spiegare l’azione svolta da questa proteina: la pressione parziale di ossigeno nei polmoni è di circa 13,3 kPa (99,7 mmHg) e l’emoglobina è quasi completamente saturata (lega il massimo numero di molecole di ossigeno) mentre nei tessuti periferici la pressione parziale di ossigeno è 4 kPa (30 mmHg) e qui l’emoglobina cede ossigeno perché la sua affinità è ridotta.

Curva di saturazione dell’emoglobina adulta, fetale e della mioglobina – By Leticia

Il legame cooperativo con l’ossigeno fa aumentare l’affinità della proteina stabilizzandola nella forma R.

Emoglobina fetale

Nello sviluppo fetale l’emoglobina del feto (HbF) svolge un ruolo chiave in quanto è richiesto un elevato numero di molecole di ossigeno per la crescita del feto. Questa emoglobina si differenzia da quella di un adulto (HbA) per le catene β che sono sostituite da due catene γ formando il tetramero α2γ2 più affine all’ossigeno (vedi grafico curva blu).

Effetto Bohr

L’emoglobina è in grado di legare e trasportare anche protoni (H+) o molecole di CO2. Nei tessuti periferici le concentrazioni di anidride carbonica e protoni sono elevate in quanto sono scarti derivanti dal metabolismo cellulare ciò rende la proteina meno affine all’ossigeno che viene ceduto alle cellule bersaglio.

Carbammato terminale della carbamminoemoglobina

Il protone si lega sulle catene laterali dei diversi residui amminoacidici della proteina mentre l’anidride carbonica si lega all’estremità amminoterminale di ciascuna subunità sotto forma di carbammato.

Regolazione da 2,3-bisfosfoglicerato

Il 2,3-bisfosfoglicerato è un modulatore allosterico eterotropico, si lega quindi in un punto diverso dal sito attivo ed è una molecola diversa dal comune substrato della proteina. Questa molecola, legandosi tra le due subunità β, favorisce la conformazione T riducendo l’affinità della proteina all’ossigeno.

Nell’emoglobina fetale, dove le catene β sono sostituite da catene γ, il 2,3-bisfosfoglicerato ha un’affinità minore e questo permette all’HbF di essere più affine all’ossigeno.

Il 2,3-bisfosfoglicerato è utile anche in condizioni di ipossia o di basse pressioni parziali di ossigeno nei polmoni (come ad esempio in alta quota). In questi casi vengono prodotte maggiori quantità di 2,3-BPG che determinano una minima variazione in negativo dell’ossigeno che l’emoglobina riesce a legare nei polmoni ma soprattutto una più marcata diminuzione dell’affinità all’ossigeno a basse pressioni parziali, permettendo all’Hb di cedere più alte quantità di ossigeno nei tessuti periferici.

  • A livello del mare l’emoglobina è saturata a quasi il 100% nei polmoni, mentre nei tessuti periferici circa il 60% quindi è in grado di cedere il 40% di ossigeno.
  • Ad altitudini elevate (circa 4500m) se non ci fosse una variazione di 2,3-BPG l’emoglobina rilascerebbe solo il 30% in quanto a quella quota nei polmoni la pressione parziale di ossigeno è inferiore (circa 7,5 kPa) e quindi l’Hb si satura solo per il 90 % circa
  • Ad altitudini elevate (circa 4500m) con una maggior produzione di 2,3-BPG l’emoglobina riesce a cedere circa il 37% dell’ossigeno perché l’effetto di riduzione dell’affinità è maggiore nei tessuti consentendo il rilascio di quantità maggiori di ossigeno

Regolazione in breve

CambiamentoFattoreEffetto
Aumento diCO2Diminuzione affinità
Diminuzione diCO2Aumento affinità
Aumento diH+Diminuzione affinità
Diminuzione diH+Aumento affinità
Aumento di2,3-BPGDiminuzione affinità
Diminuzione di2,3-BPGAumento affinità
Aumento diTemperaturaDiminuzione affinità
Diminuzione diTemperaturaAumento affinità

L’aumento dell’affinità porta ad uno shift della curva sigmoidea verso sinistra, viceversa una diminuzione porta ad uno shift verso sinistra.

Ti suggeriamo anche: mioglobina

Fonti

Marengo-Rowe A. J. (2006). Structure-function relations of human hemoglobins. Proceedings (Baylor University. Medical Center), 19(3), 239–245. https://doi.org/10.1080/08998280.2006.11928171

May 2003, Shuchismita Dutta, David Goodselldoi:10.2210/rcsb_pdb/mom_2003_5

estrazione del resveratrolo

Introduzione: il resveratrolo

Resveratrolo

Il resveratrolo è una molecola polifenolica con spiccata attività biologica. Appartenente alla classe delle fitoalessine stilbeniche:

  • Fitoalessine: molecole antimicrobiche, prodotte dalle piante in risposta all’attacco di un patogeno (batterico o fungino)
  • è un idrossilato dello stilbene (struttura C6-C2-C6)

Il resveratrolo si trova in alte concentrazioni nel Polygonum cuspidatum ma si trova anche nella buccia dell’uva, nel cacao e nelle arachidi.

Questa molecola è impiegata in diversi campi: in alimentazione, come integratore alimentare, in cosmetici e in medicinali per le sue proprietà anti-infiammatorie, anti-ossidanti, antitumorali e con attività cardioprotettrice. Queste proprietà sono più marcate nella forma trans rispetto alla corrispondente forma cis.

Polygonum cuspidatum

Questa pianta è originaria dell’Asia orientale ma presente anche in nord America e Europa, è una pianta infestante con steli cavi che la fanno assomigliare al bambù.

Japanese knotweed (Poligonum cuspidatum)

Questa pianta contiene bassi livelli di trans-resveratrolo ma alti livelli del rispettivo glucoside trans-polidatina, circa 5-8 volte quelli del resveratrolo. Queste molecole sono contenute in dosi maggiori nelle radici ma anche in foglie e nel fusto in dosi minori.

Chemical structures of trans-resveratrol (A) and trans-polydatin (B)

L’idrolisi chimica o enzimatica è utili per convertire la polidatina e ottenere quindi più resveratrolo in forma non gluconata.

Estrazione [1]

Questo metodo di estrazione e purificazione del resveratrolo è basato su diversi processi chimico-fisici: si utilizzerà un’estrazione a ricadere, la filtrazione, l’idrolisi, un’estrazione liquido-liquido e l’eluizione.

  1. Estrazione con etanolo al 95%: ridurre in polvere le radici essiccate (circa 100 grammi) e aggiungere etanolo al 95% in rapporto di 1 : 6 = polvere : etanolo. Lasciare riposare la miscela per 12 ore a temperatura ambiente dopodiché estrarre per 1 ora a ricadere alla temperatura di circa 80°C. Questa procedura deve essere ripetuta per tre volte per massimizzare la resa. Unire le tre soluzioni estratte e far evaporare il solvente in un evaporatore rotante sotto vuoto a 65°C.
  2. Dissoluzione in acqua e filtrazione: mettere la polvere ottenuta nel punto precedente e acqua distillata in rapporto di 1:30 in un recipiente sigillato, attraverso un bagno ad ultrasuoni per 20 minuti a 50°C favorire la dissoluzione. Filtrare immediatamente dopo a bassa pressione.
  3. Idrolisi: in questo passaggio la polidatina deve essere idrolizzata a resveratrolo utilizzando acido cloridrico fino ad ottenere una soluzione a pH=1 e scaldare a bagnomaria per 8 ore a ricadere ad una temperatura di 75°C
  4. Estrazione liquido-liquido: in un imbuto separatore unire la soluzione acquosa ottenuta nel punto precedente in pari volume con un solvente di estrazione come il metil terz-butil etere. Ripetere l’estrazione con solvente per tre volte e recuperare la fase organica.
  5. Eluizione: per rimuovere le impurità aggiungere in un imbuto separatore la fase organica e una soluzione acquosa alcalina con pH 8-9 come bicarbonato di sodio al 5% in rapporto 1:1 per almeno due volte, valori di pH superiori a 10 possono ridurre drasticamente la quantità di resveratrolo ottenuto. Eliminare il solvente a basse pressioni.

Analisi HPLC e resa

Per valutare ogni tappa dell’estrazione e valutare la purezza del prodotto finale si può ricorrere alla tecnica dell’HPLC. L’articolo citato riporta un’analisi ad ogni step:

Cromatogramma HPLC . (A) Cromatogramma dell’estratto con etanolo al 95%, (B) and (C) cromatogrammi dei residui acquosi dopo le filtrazioni, (D) cromatogramma della fase acquosa dopo idrolisi per 6 ore. Picco 1polidatina, 3 resveratrolo, 4 emodina, 2 e 5 componenti non note. LINK

Utilizzando questa procedura di estrazione si avrà una resa maggiore di 0.90g/100g con un contenuto di resveratrolo pari a circa il 73.8%

Fonti e letture consigliate

[1] Dong-Geng Wang, Wen-Ying Liu, Guang-Tong Chen "A simple method for the isolation and purification of resveratrol from Polygonum cuspidatum", Journal of Pharmaceutical Analysis, Volume 3, Issue 4, 2013, Pages 241-247, ISSN 2095-1779, https://doi.org/10.1016/j.jpha.2012.12.001.
[2] Yu SH, Zha JP, Zhan WH, Zhang DQ. [Contents comparison of resveratrol and polydatin in the wild Polygonum cuspidatum plant and its tissue cultures]. Zhongguo Zhong Yao Za Zhi. 2006 Apr;31(8):637-41. Chinese. PMID: 16830819.

DrugBank – Link

Baur, Joseph A, and David A Sinclair. “Therapeutic potential of resveratrol: the in vivo evidence.” Nature reviews. Drug discovery vol. 5,6 (2006): 493-506. doi:10.1038/nrd2060
Price, Nathan L et al. “SIRT1 is required for AMPK activation and the beneficial effects of resveratrol on mitochondrial function.” Cell metabolism vol. 15,5 (2012): 675-90. doi:10.1016/j.cmet.2012.04.003

Regola di Zaitsev

La regola di Zaitsev è utile per definire la regioselettività delle reazioni di eliminazione come la disidratazione o l’eliminazione alogenidrica.

Prendiamo per esempio la reazione di deidrobromurazione del 2-bromo-2metilbutano:

Solitamente le reazioni di eliminazione hanno come prodotto maggioritario l’alchene termodinamicamente più stabile. Per misurare la stabilità relativa degli alcheni viene utilizzato il calore di idrogenazione (il ΔH della reazione di idrogenazione) sviluppato dalla reazione. L’alchene più stabile è quello con il calore di idrogenazione più basso.

Gli alcheni più sostituiti (con meno atomi di idrogeno) sono quelli più stabili e le forme trans sono più stabili delle forme cis.

Lo studio degli stadi di transizione della reazione mostra che la base procede all’eliminazione di un idrogeno situato anti rispetto al gruppo uscente, con una rottura del legame C-H e C-L (gruppo uscente) contemporanea alla formazione del doppio legame C-C. La struttura dello stato di transizione assomiglia al prodotto e quindi si formerà più velocemente il prodotto più stabile.

E quindi possibile riassumere la regola di Zaitsev:

In una reazione di eliminazione il doppio legame si forma solitamente tra il carbonio che possiede il gruppo uscente e il carbonio adiacente più sostituito che lega almeno un idrogeno.

Un’eccezione a questa regola si ha quando viene utilizzata una base ingombrata che porta alla formazione del prodotto termodinamicamente meno favorito. Le reazioni di eliminazione che generano l’isomero termicamente sfavorito seguono la regola di Hoffman. Il motivo di questa inversione è la difficile interazione della base ingombrata con l’idrogeno del carbonio più sostituito perché è stericamente più difficile da raggiungere.