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Mioglobina

La mioglobina (Mb) è una proteina globulare citoplasmatica che si differenzia dall’emoglobina perché presenta una sola catena polipeptidica di 153 residui amminoacidici che lega un solo gruppo prostetico (eme).

Leggi l’articolo dell’emoglobina dove trattiamo le funzionalità del gruppo eme (link)

La mioglobina è in grado di legare reversibilmente una molecola di ossigeno alla volta con un’affinità superiore rispetto all’emoglobina, ha infatti la funzione di conservare l’ossigeno nei tessuti periferici (in particolare nei muscoli scheletrici e cardiaci) e di rilascialo in caso di ipossia o anossia.

Diversamente dall’emoglobina, la mioglobina, ha un’affinità all’ossigeno superiore e descritta da una curva iperbolica e non sigmoidale.

Curva di saturazione dell’emoglobina adulta, fetale e della mioglobina – By Leticia

Il legame con l’ossigeno dipende esclusivamente dai movimenti molecolari (respirazione) della proteina e non dal legame cooperativo con l’ossigeno. La saturazione della proteina si ha già a basse pressioni parziali di ossigeno.

In questo modo l’emoglobina, una volta raggiunti i tessuti periferici, può trasferire le molecole di ossigeno alla mioglobina che le tratterrà e rilascerà al bisogno.

L’espressione della mioglobina è aumentata nei muscoli sottoposti a contrazioni croniche e nelle persone che vivono in alta quota.

L’emoglobina e l’imbrunimento della carne

Al supermercato chi non ha mai scelto la carne per il suo colore? Una carne dal colore rosso brillante avrà statisticamente più possibilità di essere venduta rispetto ad una carne dal colore meno roseo.

La mioglobina è il principale responsabile della colorazione della carne fresca mentre l’emoglobina contenuta nel sangue viene persa durante il taglio e quindi influisce in minima parte.

Nelle carni fresche la mioglobina può esistere in quattro diverse forme: la ossimioglobina (OxyMb), carbossimioglobina (COMb), deossiemoglobina (DeoxyMb) e metamioglobina (MetMb). Le prime tre presentano uno ione ferroso (Fe2+) mentre la MetMb lo ione ferrico (Fe3+). Le forme OxyMb e COMb sono di colore rosso ciliegia mentre la forma DeoxyMb è violacea e la forma ossidata MetMb, dove l’ossigeno è sostituito da una molecola di acqua, è marroncina. La causa della colorazione brunastra è data quindi dall’ossidazione dell’atomo di ferro che passa da 2+ a 3+.

Myoglobin redox forms in fresh meats. (from Mancini & Hunt 2005)

L’imballaggio e l’addizione di antiossidanti sono le due tecniche principali per prevenire l’imbrunimento delle carni fresche.

MAP

Per la conservazione delle carni si usano imballaggi ad atmosfera modificata MAP (Modified Atmosphere Packaging). Vengono utilizzate atmosfere protettive ad alto contenuto in ossigeno e anidride carbonica e a basso contenuto di monossido di carbonio (inferiore allo 0.4%) e azoto.

Una nuova frontiera delle MAP è l’utilizzo di atmosfere “ricche” in CO (fino all’1%) che prolungano la shelf life (durabilità) fino a 21 giorni rispetto ai 14 giorni dell’atmosfera ricca in ossigeno.

Antiossidanti

Gli antiossidanti possono essere somministrati prima della macellazione o dopo per ridurre al minimo il deterioramento. Sono utilizzati sia antiossidanti naturali tra cui il rosmarino, estratti di semi d’uva o estratti di foglie d’olivo ma sono spesso utilizzati anche antiossidanti sintetici come i lattati, succinati, il piruvato. L’azione di questi antiossidanti varia anche a seconda dell’atmosfera che viene utilizzata nel packaging.

Myoglobin: an essential hemoprotein in striated muscle George A. Ordway, Daniel J. Garry Journal of Experimental Biology 2004 207: 3441-3446; doi: 10.1242/jeb.01172

Myoglobin Chemistry and Meat Color - Surendranath P. Suman and Poulson Joseph - Annual Review of Food Science and Technology 2013 4:1, 79-99

Emoglobina

Introduzione

L’emoglobina (abbreviata Hb) è una proteina appartenente alla classe delle globine e come la maggior parte delle proteine di questa classe, svolge funzione di immagazzinatore di ossigeno. La struttura quaternaria è un tetramero costituito da due catene α di 141 residui ciascuna e di due catene β di 146 residui ciascuna. Sono presenti sia interazioni di tipo idrofobico che ponti idrogeno e coppie ioniche che stabilizzano la struttura quaternaria.

Struttura 3D dell’emoglobina

Ognuna delle quattro catene trasporta un gruppo eme, costituito da una molecola organica complessa (la protoporfirina) che coordina uno ione ferroso (Fe2+). Questo metallo è in grado di formare sei legami di coordinazione: quattro sono utilizzati per legare l’azoto degli anelli pirrolici e altri due perpendicolari alla protoporfirina che legano da un lato un residuo di istidina della proteina e dall’altro lega in modo reversibile una molecola di ossigeno.

Gruppo eme (ione ferroso complessato dalla protoporfirina)

Il ferro è anche il responsabile della colorazione rossa del nostro sangue!

Stati conformazionali

L’emoglobina può esistere in due stati conformazionali differenti: T (tesa) e R (rilassata). Lo stato R ha una maggior affinità per l’ossigeno e quindi sarà la forma prevalente dell’ossiemoglobina. Lo stato T è la conformazione della deossiemoglobina. La transizione tra questi due stati determina una rottura e formazione di nuovi legami ionici.

Stati conformazionali emoglobina – Shuchismita Dutta, David Goodsell
doi:10.2210/rcsb_pdb/mom_2003_5

Nella forma T il gruppo eme tende ad assumere una forma a cupola dove l’atomo di Fe viene ad essere attratto dall’istidina prossimale, nella forma R il gruppo eme e l’atomo di Fe sono sullo stesso piano. Le due immagini rappresentano uno zoom del gruppo eme rispettivamente nella forma T e R.

La possibilità di modificare il proprio stato di transizione determina una curva di legame all’ossigeno sigmoide. Questo determina una bassa affinità all’ossigeno a basse pressioni parziali e un’alta affinità ad alte pressioni parziali di ossigeno (curva verde).

Funzione metaboliche

L’emoglobina ha un ruolo fondamentale nel trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai tessuti periferici. L’affinità all’ossigeno può spiegare l’azione svolta da questa proteina: la pressione parziale di ossigeno nei polmoni è di circa 13,3 kPa (99,7 mmHg) e l’emoglobina è quasi completamente saturata (lega il massimo numero di molecole di ossigeno) mentre nei tessuti periferici la pressione parziale di ossigeno è 4 kPa (30 mmHg) e qui l’emoglobina cede ossigeno perché la sua affinità è ridotta.

Curva di saturazione dell’emoglobina adulta, fetale e della mioglobina – By Leticia

Il legame cooperativo con l’ossigeno fa aumentare l’affinità della proteina stabilizzandola nella forma R.

Emoglobina fetale

Nello sviluppo fetale l’emoglobina del feto (HbF) svolge un ruolo chiave in quanto è richiesto un elevato numero di molecole di ossigeno per la crescita del feto. Questa emoglobina si differenzia da quella di un adulto (HbA) per le catene β che sono sostituite da due catene γ formando il tetramero α2γ2 più affine all’ossigeno (vedi grafico curva blu).

Effetto Bohr

L’emoglobina è in grado di legare e trasportare anche protoni (H+) o molecole di CO2. Nei tessuti periferici le concentrazioni di anidride carbonica e protoni sono elevate in quanto sono scarti derivanti dal metabolismo cellulare ciò rende la proteina meno affine all’ossigeno che viene ceduto alle cellule bersaglio.

Carbammato terminale della carbamminoemoglobina

Il protone si lega sulle catene laterali dei diversi residui amminoacidici della proteina mentre l’anidride carbonica si lega all’estremità amminoterminale di ciascuna subunità sotto forma di carbammato.

Regolazione da 2,3-bisfosfoglicerato

Il 2,3-bisfosfoglicerato è un modulatore allosterico eterotropico, si lega quindi in un punto diverso dal sito attivo ed è una molecola diversa dal comune substrato della proteina. Questa molecola, legandosi tra le due subunità β, favorisce la conformazione T riducendo l’affinità della proteina all’ossigeno.

Nell’emoglobina fetale, dove le catene β sono sostituite da catene γ, il 2,3-bisfosfoglicerato ha un’affinità minore e questo permette all’HbF di essere più affine all’ossigeno.

Il 2,3-bisfosfoglicerato è utile anche in condizioni di ipossia o di basse pressioni parziali di ossigeno nei polmoni (come ad esempio in alta quota). In questi casi vengono prodotte maggiori quantità di 2,3-BPG che determinano una minima variazione in negativo dell’ossigeno che l’emoglobina riesce a legare nei polmoni ma soprattutto una più marcata diminuzione dell’affinità all’ossigeno a basse pressioni parziali, permettendo all’Hb di cedere più alte quantità di ossigeno nei tessuti periferici.

  • A livello del mare l’emoglobina è saturata a quasi il 100% nei polmoni, mentre nei tessuti periferici circa il 60% quindi è in grado di cedere il 40% di ossigeno.
  • Ad altitudini elevate (circa 4500m) se non ci fosse una variazione di 2,3-BPG l’emoglobina rilascerebbe solo il 30% in quanto a quella quota nei polmoni la pressione parziale di ossigeno è inferiore (circa 7,5 kPa) e quindi l’Hb si satura solo per il 90 % circa
  • Ad altitudini elevate (circa 4500m) con una maggior produzione di 2,3-BPG l’emoglobina riesce a cedere circa il 37% dell’ossigeno perché l’effetto di riduzione dell’affinità è maggiore nei tessuti consentendo il rilascio di quantità maggiori di ossigeno

Regolazione in breve

CambiamentoFattoreEffetto
Aumento diCO2Diminuzione affinità
Diminuzione diCO2Aumento affinità
Aumento diH+Diminuzione affinità
Diminuzione diH+Aumento affinità
Aumento di2,3-BPGDiminuzione affinità
Diminuzione di2,3-BPGAumento affinità
Aumento diTemperaturaDiminuzione affinità
Diminuzione diTemperaturaAumento affinità

L’aumento dell’affinità porta ad uno shift della curva sigmoidea verso sinistra, viceversa una diminuzione porta ad uno shift verso sinistra.

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Fonti

Marengo-Rowe A. J. (2006). Structure-function relations of human hemoglobins. Proceedings (Baylor University. Medical Center), 19(3), 239–245. https://doi.org/10.1080/08998280.2006.11928171

May 2003, Shuchismita Dutta, David Goodselldoi:10.2210/rcsb_pdb/mom_2003_5

Istamina

L’istamina (C5H9N3) è un’ammina composta da un anello imidazolico e un gruppo amminico.

Fa parte della classe delle ammine biogene, ovvero ammine biologicamente attive ed ottenuta mediante decarbossilazione di amminoacidi. L’amminoacido dal quale deriva l’istamina è l’istidina.

Questa molecola si trova nelle piante, nei batteri, nei veleni di insetti e negli umani. In questi ultimi, l’istamina è immagazzinata all’interno dei granuli di cellule del sistema immunitario, i mastociti e i basofili. I mastociti sono localizzati nei tessuti, vicino ai piccoli vasi e alle terminazioni nervose, mentre i basofili viaggiano per il circolo sanguigno.

L’istamina è un importante mediatore delle reazioni allergiche in quanto aumenta la secrezione di citochine e chemochine da parte dei linfociti Th2 e ne diminuisce la secrezione da parte dei linfociti Th1.

Degranulazione del mastocita

Recettori istaminergici

I recettori dell’istamina sono quattro e sono proteine transmembrana accoppiate a proteine G.

H1

Coinvolto nelle reazioni allergiche, il recettore H1 è espresso in diversi tessuti e cellule tra cui nervi, epitelio respiratorio, cellule endoteliali di piccoli vasi e muscolatura liscia.

Questo recettore è accoppiato alle proteine Gq che, attivando la fosfolipasi C, aumenta la concentrazione intracellulare di calcio. Questo comporta la contrazione della muscolatura liscia dei bronchi e aumenta la permeabilità vascolare. A livello del cervello permette il mantenimento dello stato di veglia.

La sua attivazione aumenta la produzione di chemochine, le quali servono per guidare le cellule del sistema immunitario verso il sito di infiammazione. L’attivazione del recettore H1 è coinvolta nell’insorgenza di asma, dermatite atopica e prurito (per l’istamina che induce la produzione di IL-31).

H2

Espresso nei linfociti B e T, cellule dendritiche, nelle cellule parietali gastriche, nel cervello e cuore.

Questo recettore è accoppiato alle proteine Gs e una volta attivato, aumenta la produzione di AMP ciclico.

Nello stomaco, induce la secrezione gastrica. Esistono infatti farmaci antistaminici che, bloccando questo recettore, agiscono come antiacidi.

Questo recettore è importante anche per la secrezione mucosa nelle vie aeree e aumenta la permeabilità vascolare. Inoltre, è coinvolto nell’attivazione della risposta immunitaria.

H3

E’ espresso soprattutto a livello dell’SNC ed è accoppiato alle proteine Gi. La loro attivazione comporta una riduzione della produzione di AMP ciclico.

Un ruolo importante di questo recettore è quello di regolare la biosintesi dell’istamina, bloccandone la produzione quando l’istamina stessa lega al recettore. Inoltre, regola il ciclo di dormi-veglia e l’infiammazione.

E’ associato alla rinite perché è espresso nei nervi presinaptici a livello delle ghiandole nasali sub-mucosali e quando viene attivato, stimola la secrezione da parte di queste ghiandole.

H4

Accoppiato alle proteine Gi, è espresso su varie cellule del sistema immunitario, milza, intestino, polmoni, SNC e nelle cellule tumorali.

L’attivazione delle proteine Gi comporta una diminuzione della produzione di AMP ciclico, con conseguente aumento della MAPK e calcio intracellulare.

Nelle reazioni allergiche, H4 media l’attivazione dei mastociti e questo comporta la produzione di diverse chemochine e citochine infiammatorie.

A seguito dell’incontro con l’allergene, i mastociti vengono guidati verso il sito dove si manifesta la reazione allergica (fenomeno di chemiotassi) e successivamente viene indotta la degranulazione, ovvero il processo nel quale i mastociti rilasciano all’esterno l’istamina contenuta nei loro granuli. Lo stesso processo avviene con i basofili, a seguito dell’incontro con l’allergene.

Inoltre, l’attivazione di H4 comporta l’induzione della migrazione degli eosinofili, aumentando la risposta immunitaria.

Intolleranza all’istamina

Questa condizione è dovuta principalmente alla mancata degradazione dell’istamina, nel quale l’enzima DAO (diammino ossidasi) non funziona. C’è quindi un aumento della concentrazione di istamina nel plasma.

Per questo motivo è importante ridurre il consumo di alimenti ricchi di istamina, quali:

  • Prodotti pronti o in scatola
  • Alcol, aceto, lievito
  • Insaccati
  • Pesce in scatola e frutti di mare
  • Formaggi
  • Spinaci, pomodori, melanzane, avocado

I sintomi si manifestano durante e dopo il pasto e sono quelli di una classica intolleranza: prurito ed arrossamenti sul corpo, disturbi gastrointestinali, mal di testa, raffreddore cronico, labbra gonfie.

Farmaci antistaminici

Gli antistaminici sono usati per trattare le reazioni allergiche e sono disponibili in vari formati: compresse, crema o spray.

Questi farmaci agiscono come antagonisti, legando il recettore istaminergico e bloccando il rilascio di istamina quando l’organismo entra in contatto con l’allergene.

Antagonisti del recettore H1

1° generazione:

Difenidramina

Hanno una struttura tanto lipofilica da poter passare la barriera ematoencefalica, causando stanchezza.

A causa della bassa selettività per il recettore H1, possono legare anche altri recettori (della serotonina, colinergico e alfa-adrenergico). Questo comporta lo sviluppo di una serie di effetti collaterali: secchezza delle fauci, tachicardia, tremolii e aumento dell’appetito.

Oltre all’effetto principale, ovvero quello di bloccare l’azione dell’istamina e quindi fermare la reazione allergica, c’è anche l’effetto antiemetico.

2° generazione:

Desloratadina

Sonoi ormai i più usati, in quanto strutturalmente meno lipofilici e quindi non sono in grado di passare la barriera ematoencefalica. Sono più selettivi nei confronti dei recettori H1 periferici, coinvolti nelle reazioni allergiche, e per questo motivo danno meno effetti collaterali.

3° generazione:

Sono i più recenti principi attivi scoperti, sono molto selettivi e per questo presentano ridotti effetti collaterali.

Antagonisti del recettore H4

Recentemente, è stato visto che anche gli antagonisti del recettore H4 potrebbero essere impiegati come antistaminici per il trattamento di allergie, ma al momento è ancora oggetto di studi.

Antagonisti del recettore H2

Questo tipo di antagonisti agiscono come gastroprotettori, per bloccare la secrezione di succhi gastrici indotta dall’istamina.

Sono usati per il trattamento del reflusso gastro-esofageo ed ulcere.

Ranitidina
Fonti:

The Role of Histamine and Histamine Receptors in Mast Cell-Mediated Allergy and Inflammation: The Hunt for New Therapeutic Targets – link

Intolleranza all’istamina – link

Branco, Anna Cláudia Calvielli Castelo et al. “Role of Histamine in Modulating the Immune Response and Inflammation.” Mediators of inflammation vol. 2018 9524075. 27 Aug. 2018, doi:10.1155/2018/9524075

Tatarkiewicz, Jan et al. “New antihistamines - perspectives in the treatment of some allergic and inflammatory disorders.” Archives of medical science : AMS vol. 15,2 (2019): 537-553. doi:10.5114/aoms.2017.68534

Arsenico: un quotidiano nemicio invisibile

Introduzione

L’arsenico (As) è un semimetallo che è naturalmente contenuto nella crosta terreste e lo si può trovare anche nell’acqua e nell’aria. L’inquinamento delle falde acquifere da arsenico, in numerosi paesi del mondo, rappresenta un grave rischio cronico per la salute delle popolazioni che utilizzano queste fonti come principali risorse idriche, ma non solo. I rischi sono legati anche all’utilizzo di queste acque per l’irrigazione dei campi, per la produzione di alimenti o per i processi industriali. Altre attività che possono aumentare l’inquinamento da arsenico sono sicuramente le attività industriali e di estrazione mineraria, l’utilizzo di insetticidi a base di arsenico ma anche l’attività vulcanica.

Il continente più colpito da questo fenomeno è quello asiatico, alti valori di arsenico si riscontrano anche in alcuni stati dell’America del Sud e del Nord.

Casi documentati di contaminazione da arsenico legati a fenomeni naturali Fonte: British Geological Survey, (2001), <http://www.bgs.ac.uk/&gt;

In Italia le regioni maggiormente esposte a questo rischio sono alcune zone della Toscana, Umbra, Lombardia, Trentino-Alto Adige e del Lazio. Per fronteggiare questa emergenza sono utilizzati dei sistemi di filtraggio a membrana o dei materiali adsorbenti.

Stati di ossidazione

In natura l’arsenico inorganico si può trovare in diversi stati di ossidazione (-3, 0, +3, +5). I più comuni e tossici sono le forme pentavalenti e trivalenti rispettivamente arseniato e arsenito che risulta essere la forma più tossica. Molto comuni sono anche le forme monometilate (MMA) e dimetilate (DMA) che molti mammiferi producono come metaboliti che vengono espulsi tramite l’urina. La forma trimetilata (TMA) è presente in piccolissime quantità nell’urina.

Forme metilate di As(v) e As(III)

Nell’uomo sono state trovate tracce di questi composti nell’urina di soggetti cronicamente esposti a fonti di arsenico.

Le forme organiche di arsenico sono molto meno tossiche e presenti in quantità minima rispetto a quelle inorganiche.

Effetti sulla salute

La tossicità acuta varia a seconda della formula e del suo stato di ossidazione. La MMAIII nei topi ha una LD50 di 2 mg/Kg mentre la MMAV ha una LD50 di 960 mg/Kg, le forme più metilate hanno valori di LD superiori (Michael F. Hughes, 2002).

Le caratteristiche di un’intossicazione acuta da arsenico sono problemi all’apparato gastrointestinale, vomito, diarrea, sangue nelle urine, anuria, convulsioni, coma e morte.

La tossicità cronica è più comune soprattutto nei paesi sottosviluppati o nelle località dove l’acqua estratta dalla falda non viene filtrata e controllata prima di essere distribuita. Anche il tabacco può dare questo tipo di tossicità in quanto la pianta del tabacco è in grado di assorbire l’arsenico presente nel suolo.

Uno dei tratti caratteristici di questa tossicità sono le lesioni cutanee (cambiamento di pigmentazione e ipercheratosi), ma anche problemi al sistema cardiovascolare (Blackfoot disease), nervoso, epatico, endocrino e renale.

L’esposizione cronica a queste molecole può portare allo sviluppo di tumori, i più frequenti sono quelli alla pelle, ai polmoni o alla vescica. La EFSA (European Food Safety Autority) ha identificato l’intervallo di dosi giornaliere (da 0,3 a 8 μg/Kg di peso corporeo) che porterebbero ad un aumento del rischio di sviluppare tumori pari all’1%.

Meccanismo della tossicità dell’arsenico pentavalente

L’arseniato può sostituire il gruppo fosforico in molte reazioni biochimiche per via della struttura e proprietà simili, ad esempio può legarsi al glucosio nella prima reazione della glicolisi per formare il glucosio-6-arseniato o legarsi al gluconato. L’arseniato può anche sostituire il fosfato nella pompa del sodio e limitare la produzione di ATP durante la glicolisi.

Si assiste quindi ad una deplezione di ATP (riduzione della produzione), in particolare a livello mitocondriale l’arseniato è in grado di sostituirsi al gruppo fosforico nella sintesi dell’ATP per formare ADP-arseniato durante la fosforilazione ossidativa.

Meccanismo della tossicità dell’arsenico trivalente

L’arsenito reagisce in vitro con molecole contenenti gruppi tiolici come la cisteina e il GSH (glutatione). Il legame tra l’arsenico trivalente e i gruppi tiolici può inibire importanti funzioni biochimiche.

Il complesso della PDH (piruvato deidrogenasi) viene inibito dalla presenza di arsenito, in particolare dalle forme metilate (MMAIII) che si legano all’acido lipoico. Il complesso della PDH ossida il piruvato ad Acetil-CoA che entra nel ciclo di Krebs per produrre equivalenti ridotti utili alla catena di trasporto degli elettoni per la sintesi dell’ATP. L’inibizione di questo complesso porta quindi ad una riduzione di ATP.

L’arsenito è anche un potente inibitore del GSH reduttasi che ha la funzione di ripristinare il glutatione ridotto. Il risultato di questa inibizione è una deplezione di GSH in forma ridotta che determina un accumulo di specie reattive dell’ossigeno (ROS) tossiche per le cellule.

Risultati di test sperimentali

Nel rapporto della SOT (society of Toxicology) del 2016 sono raccolti i principali risultati di test in vitro dell’intossicazione da arsenito.

Effetto della concentrazione di arsenito nel contenuto mitoondriale di GSH

Livelli di ATP e rapporto ATP/ADP in relazione alla concentrazione di arsenito

Conclusioni

La formazione di ROS, e la deplezione di ATP sono alcuni dei principali risultati da intossicazione da arsenico che portano alla morte cellulare. L’aumento di ROS causa anche l’apertura di pori di transizione di permeabilità mitocondriale che danneggiano l’integrità della membrana mitocondriale. Il rilascio di citocromo c dalla membrana mitocondriale può portare all’attivazione dalle caspasi che inducono una morte cellulare per apoptosi. La sola deplezione di ATP porterebbe ad una morte cellulare per necrosi.

L’organizzazione mondiale della sanità ha fissato a 10 μg/l il limite massimo di arsenico nelle acque potabili.

Sviluppi biotecnologici

La felce a foglie lunghe (Pteris vittata) è una pianta in grado di accumulare all’interno dei vacuoli grandi quantità di arsenico presente nel terreno. Alcuni ricercatori hanno isolato i tre geni responsabili dell’accumulo di Arsenico sono utilizzati dalle cellule per sintetizzare tre proteine. La GAPC1 è utilizzata per il trasporto dell’arsenico, la OCT4 sembrerebbe aiutare l’arseniato ad attraversare le membrane dove un’altra proteina, la GSTF1, trasforma l’arseniato in arsenito, la forma immagazzinata nella cellula. L’inattivazione di uno di questi geni causa la morte delle piante. Sono ancora in corso studi sul possibile utilizzo di questi geni che possono essere inseriti in altre piante per renderle capaci di bonificare terreni come già stanno facendo in alcune zone le piante di felce.

Pteris vittata – Rafael Medina/iNaturalist.org

Fonti:

Istituto superiori di sanità – Arsenico (link)

WHO – Arsenic (link)

UNICEF “Mitigating Arsenic In Drinking Water ” (link)

Hughes, Michael F. “Arsenic toxicity and potential mechanisms of action” Toxicology Letters Volume 133 Issue 1, 7 Luglio 2002 – (link)

Hosseini, Mir-Jamal et al. “Toxicity of Arsenic (III) on Isolated Liver Mitochondria: A New
Mechanistic Approach” Iranian Journal of Pharmaceutical Research (Winter 2013) – (link)

Licenza Creative Commons

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Isoenzimi dell’esochinasi

Gli isozimi o più comunemente chiamati isoenzimi sono differenti proteine che catalizzano la stessa reazione.

Nel caso delle esochinasi catalizzano la prima reazione della glicolisi: il trasferimento del gamma-fosfato dall’ATP al C-6 del glucosio. L’avvio della reazione è dato dalla formazione del complesso Mg-ATP che successivamente si lega al complesso esochinasi-glucosio, si possono formare quindi i prodotti glucosio-6-fosfato e ADP che lasceranno l’enzima. Questo enzima è fortemente regolato per questo è una delle principali tappe controllo della glicolisi.

Hexokinase I complex with ATP analog, glucose, glucose-phosphate and Mg+2 ion

Le quattro forme isoenzimatiche sono:

  • Esochinasi I: è presente in tutti i tessuti dei mammiferi e rimane inalterata dalla maggior parte dei cambiamenti fisiologici, ormonali e metabolici;
  • Esochinasi II: principale isoforma regolata, presente soprattutto nei miociti;
  • Esochinasi III: isoforma substrato-inibita: basse concentrazioni di glucosio inibiscono questo enzima, poco è conosciuto sulla regolazione di questa isoforma;
  • Esochinasi IV o glucochinasi: presente nelle cellule del fegato e del pancreas;

I differenti isoenzimi dell’esochinasi del fegato e del muscolo riflettono i differenti ruoli di questi due organi nel metabolismo dei carboidrati. Il muscolo consuma il glucosio per produrre energia, mentre il fegato è il principale regolatore di glucosio ematico.
Le prime tre forme dell’esochinasi servono per il catabolismo del glucosio che sarà trasformato in piruvato per produrre energia.
La glucochinasi, nel fegato, ha come scopo principale di inviare il glucosio in eccesso verso la formazione di glicogeno, nel pancreas, invece gioca un ruolo importante nella modulazione della secrezione di insulina.
Per permettere ciò, queste isoforme si differenziano anche per la loro affinità al substrato e per la loro regolazione.

Differenze nell’affinità al glucosio

L’affinità è la capacità di un enzima di riconoscere come substrato una determinata molecola ovvero la capacità di formare il complesso Enzima-Substrato.
Lo stato saturato di un enzima si ha quando tutti gli enzimi sono complessati con il substrato (forma ES) e quindi si raggiungerà la velocità massima della reazione catalizzata.
Un parametro conosciuto per ogni enzima è la concentrazione di substrato alla quale l’enzima stesso è per metà saturato. Nel caso di enzimi che seguono l’equazione di Michaelis-Menten questa concentrazione corrisponde alla Km.

Nel nostro caso:

  • La concentrazione fisiologica di glucosio ematico è 4-5 mM.
  • L’esochinasi I e II hanno elevata affinità al glucosio infatti sono per metà saturate a contrazioni di glucosio pari a 0,1 mM per cui a condizioni fisiologiche agiscono alla massima velocità.
  • Per la glucochinasi invece la concentrazione di glucosio alla quale l’enzima è per metà saturato è di circa 10 mM, quindi sarà efficiente solo ad alte concentrazioni di glucosio.

Differenze nella regolazione

Le esochinasi I e II sono inibite allostericamente dal loro prodotto di reazione, il glucosio-6-fosfato, con un’inibizione reversibile. L’esochinasi IV non è invece regolata dal suo prodotto di reazione ma viene inibita quando si lega a una proteina regolatrice, questa proteina ancora la glucochinasi all’interno del nucleo impedendole di catalizzare la reazione, il fruttosio-6-fosfato è un effettore allosterico che rende il legame con la proteina regolatrice molto più forte. Il glucosio compete con il fruttosio-6-fosfato e provoca la dissociazione dalla proteina rimuovendo l’inibizione. Negli epatociti il trasportatore GLUT2 mantiene equilibrata la concentrazione di glucosio nel citosol e quella ematica, è per questo che la glucochinasi risponde direttamente alle concentrazioni di glucosio ematico.

Regolazione del complesso Esochinasi IV-Proteina regolatrice

Utilità

Per queste caratteristiche:

  • In caso di scarsa disponibilità di glucosio, negli epatociti, la glucochinasi non è in grado di fosforilare il glucosio che può lasciare la cellula e tornare a disposizione degli altri tessuti inibendo la patway di sintesi del glicogeno;
  • In caso di elevata concentrazione di glucosio ematico, la glucochinasi è in grado di fosforilare il glucosio che poi in parte potrà diventare glicogeno.

Uniprot.org – HXK4_HUMAN
Reactome.org – Regulation of Glucokinase

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