Tutti gli articoli di Noemy Piantanida

Laureata magistrale in Medical Biotechnologies presso l'Università del Piemonte Orientale "A. Avogadro" (Novara). Dottoranda in "Food, Health and Longevity" presso l'Università del Piemonte Orientale "A. Avogadro" (Novara).

La scienza dell’abbronzatura

La maggior parte di noi aspetta con ansia l’arrivo dell’estate per poter passare intere giornate sotto il sole e dare un po’ di colorito alla pelle. Questo avviene grazie alla produzione di melanina indotta dai raggi solari.

Modello semplificato di eumelanina

La melanina si riferisce ad un gruppo di pigmenti naturali formati da biopolimeri di residui di tirosina. La sintesi avviene a livello dei melanosomi (lisosomi specializzati) contenuti nei melanociti, localizzati principalmente nello strato basale dell’epidermide, nei follicoli piliferi e nella coroide (una lamina del bulbo oculare). Queste cellule possono essere raggruppate a formare i “nei”.

Melanocita
CLASSIFICAZIONE

Esistono tre tipi di melanina:

  1. Eumelanina, un pigmento marrone, è la più abbondante nel nostro corpo e si trova di solito in soggetti con carnagione e capelli scuri. Persone che hanno più eumelanina si abbronzano con facilità e sono più protetti dai raggi UV. Viceversa, chi ne ha di meno è più propenso alle scottature;
  2. Feomelanina, un pigmento rosso-giallo, è abbondante in soggetti con carnagione chiara e capelli rossi. Inoltre, queste persone presentano maggiormente nei rosa o rossi e non marroni;
  3. Allomelanina, un pigmento marrone-nero, unicamente prodotta nelle piante.
a) Eumelanina; b) Feomelanina; c) Allomelanina

La qualità e la quantità di melanina prodotta determina il fototipo della persona, ovvero la risposta all’esposizione solare e di conseguenza il tipo di abbronzatura. Ci sono sei fototipi che vanno dall’individuo scarso di melanina (carnagione molto chiara → alto rischio di scottatura, non si abbronza e ha molte lentiggini), all’individuo con elevate quantità di melanina (carnagione molto scura → non si scotta e non ha lentiggini).

FUNZIONI

Le melanine possono:

  • Determinare la pigmentazione di pelle e capelli;
  • Proteggere la pelle dai raggi UV provenienti dal sole. L’epidermide si colora gradualmente, evitando le scottature;
  • Negli animali a sangue freddo, funge da meccanismo di assorbimento di calore dai raggi solari;
  • Limitare l’incidenza dei raggi di luce che entrano negli occhi (chi ha gli occhi chiari è più fotosensibile).

BIOSINTESI

I raggi solari inducono la secrezione dell’ormone MSH (Melanocyte Stimulating Hormone) a livello della neuroipofisi. L’ormone è presente in due forme: α e β, dove la prima ha attività biologica maggiore e deriva dal POMC (propiomelanocortina), ovvero lo stesso precursore dell’ACTH e della β-endorfina.

Quando l’α-MSH lega al suo recettore, MCR1, induce l’aumento della tirosinasi intracellulare. In questo modo la tirosina subisce un processo metabolico chiamato melanogenesi. Questo processo è regolato dalle proteinchinasi cAMP-dipendenti (PKA).

La melanogenesi comincia con l’idrossilazione della tirosina in L-DOPA, che viene poi convertita in DOPAchinone. Entrambe le reazioni sono catalizzate dall’enzima tirosinasi (TYR).

In assenza di cisteina, il DOPAchinone subisce un’ossidazione spontanea diventando DOPAcromo. Successivamente, ad opera della dopacromo tautomerasi (conosciuta anche come tyrosinase-related protein 2, o TRP2), viene prodotto l’acido diidrossicarbossilico che viene infine convertito in eumelanina (ad opera della tyrosinase-related protein 1, o TRP1).

Viceversa, in presenza di cisteina, questa viene legata al DOPAchinone, formando la cisteinilDOPA. Quest’ultima subisce poi un’ossidazione spontanea ottenendo così la feomelanina.

Melanogenesi

ALBINISMO

L’albinismo è una rara malattia ereditaria autosomica recessiva dovuta a mutazioni in geni coinvolti nella produzione di melanina. Questo determina una parziale o completa assenza del pigmento (principalmente eumelanina).

Esistono due forme di albinismo:

  • Albinismo oculo-cutaneo: coinvolge cute, capelli e occhi (con le tipiche anomalie oculari della patolgia);
  • Albinismo oculare: presenta solo ipopigmentazione oculare, associate ad anomalie oculari.

Il fenotipo sviluppato è cute chiarissima, capelli bianchi e occhi chiari/rosa. Per queste persone, la minima esposizione al sole può essere dannosa, tanto da provocare gravi scottature e tumori cutanei. Inoltre, mostrano anomalie oculari (fotofobia, strabismo, ecc).

L’ABBRONZATURA

L’abbronzatura è un “meccanismo di protezione” nel quale i melanociti, colpiti dai raggi solari, cominceranno a produrre melanina, dando una colorazione più scura alla nostra pelle.

I raggi solari responsabili dell’abbronzatura sono i raggi UV e sono classificati in base alla lunghezza d’onda (nm):

  • UVA (320-400 nm) → raggiungono il derma, danneggiando elastina e collagene. Per questo motivo sono responsabili dell’invecchiamento cutaneo e quindi delle rughe e macchie della pelle. Contribuiscono in minor parte all’abbronzatura, conferendo un colorito immediato ma temporaneo (fenomeno di Meyrowsky);
  • UVB (280-320 nm) → agiscono a livello dell’epidermide, stimolando la produzione di melanina e favorendo un’abbronzatura più duratura. Tuttavia, essendo piuttosto potenti, sono i principali responsabili di scottature ed eritemi solari;
  • UVC (100-280 nm) → hanno molta energia e sono pericolosi per l’organismo, ma grazie allo strato di ozono atmosferico non raggiungono la superficie terrestre.

Tutti questi possono contribuire all’insorgenza del tumore alla pelle, il melanoma.

Come detto in precedenza, i raggi UV possono danneggiare in modo più o meno grave la nostra pelle. Per questo motivo è molto importante :

  • Usare creme solari ad “ampio spettro” con SPF (fattore di protezione solare) elevato. L’SPF indica quanto a lungo la crema protegge dai raggi UV prima che compaia la scottatura. L’SPF migliore è 30 in quanto protegge dal 97% dei raggi ed è particolarmente indicata per chi ha la pelle sensibile o chi ha un alto rischio di sviluppare il melanoma;
  • Evitare l’esposizione solare o rimanere all’ombra durante le ore più calde (tra le 11 e le 16), in quanto i raggi sono “più forti”;
  • Indossare cappelli con visiera od occhiali da sole per proteggere viso e occhi.

Fonti e letture consigliate

WHO (Organizzazione mondiale della sanità) → link (Linee guida su come proteggersi al meglio dal sole)
Albinism.org (link)
Varga, Mónika et al. “Structural characterization of allomelanin from black oat.” Phytochemistry vol. 130 (2016): 313-20. doi:10.1016/j.phytochem.2016.07.002

Istamina

L’istamina (C5H9N3) è un’ammina composta da un anello imidazolico e un gruppo amminico.

Fa parte della classe delle ammine biogene, ovvero ammine biologicamente attive ed ottenuta mediante decarbossilazione di amminoacidi. L’amminoacido dal quale deriva l’istamina è l’istidina.

Questa molecola si trova nelle piante, nei batteri, nei veleni di insetti e negli umani. In questi ultimi, l’istamina è immagazzinata all’interno dei granuli di cellule del sistema immunitario, i mastociti e i basofili. I mastociti sono localizzati nei tessuti, vicino ai piccoli vasi e alle terminazioni nervose, mentre i basofili viaggiano per il circolo sanguigno.

L’istamina è un importante mediatore delle reazioni allergiche in quanto aumenta la secrezione di citochine e chemochine da parte dei linfociti Th2 e ne diminuisce la secrezione da parte dei linfociti Th1.

Degranulazione del mastocita

Recettori istaminergici

I recettori dell’istamina sono quattro e sono proteine transmembrana accoppiate a proteine G.

H1

Coinvolto nelle reazioni allergiche, il recettore H1 è espresso in diversi tessuti e cellule tra cui nervi, epitelio respiratorio, cellule endoteliali di piccoli vasi e muscolatura liscia.

Questo recettore è accoppiato alle proteine Gq che, attivando la fosfolipasi C, aumenta la concentrazione intracellulare di calcio. Questo comporta la contrazione della muscolatura liscia dei bronchi e aumenta la permeabilità vascolare. A livello del cervello permette il mantenimento dello stato di veglia.

La sua attivazione aumenta la produzione di chemochine, le quali servono per guidare le cellule del sistema immunitario verso il sito di infiammazione. L’attivazione del recettore H1 è coinvolta nell’insorgenza di asma, dermatite atopica e prurito (per l’istamina che induce la produzione di IL-31).

H2

Espresso nei linfociti B e T, cellule dendritiche, nelle cellule parietali gastriche, nel cervello e cuore.

Questo recettore è accoppiato alle proteine Gs e una volta attivato, aumenta la produzione di AMP ciclico.

Nello stomaco, induce la secrezione gastrica. Esistono infatti farmaci antistaminici che, bloccando questo recettore, agiscono come antiacidi.

Questo recettore è importante anche per la secrezione mucosa nelle vie aeree e aumenta la permeabilità vascolare. Inoltre, è coinvolto nell’attivazione della risposta immunitaria.

H3

E’ espresso soprattutto a livello dell’SNC ed è accoppiato alle proteine Gi. La loro attivazione comporta una riduzione della produzione di AMP ciclico.

Un ruolo importante di questo recettore è quello di regolare la biosintesi dell’istamina, bloccandone la produzione quando l’istamina stessa lega al recettore. Inoltre, regola il ciclo di dormi-veglia e l’infiammazione.

E’ associato alla rinite perché è espresso nei nervi presinaptici a livello delle ghiandole nasali sub-mucosali e quando viene attivato, stimola la secrezione da parte di queste ghiandole.

H4

Accoppiato alle proteine Gi, è espresso su varie cellule del sistema immunitario, milza, intestino, polmoni, SNC e nelle cellule tumorali.

L’attivazione delle proteine Gi comporta una diminuzione della produzione di AMP ciclico, con conseguente aumento della MAPK e calcio intracellulare.

Nelle reazioni allergiche, H4 media l’attivazione dei mastociti e questo comporta la produzione di diverse chemochine e citochine infiammatorie.

A seguito dell’incontro con l’allergene, i mastociti vengono guidati verso il sito dove si manifesta la reazione allergica (fenomeno di chemiotassi) e successivamente viene indotta la degranulazione, ovvero il processo nel quale i mastociti rilasciano all’esterno l’istamina contenuta nei loro granuli. Lo stesso processo avviene con i basofili, a seguito dell’incontro con l’allergene.

Inoltre, l’attivazione di H4 comporta l’induzione della migrazione degli eosinofili, aumentando la risposta immunitaria.

Intolleranza all’istamina

Questa condizione è dovuta principalmente alla mancata degradazione dell’istamina, nel quale l’enzima DAO (diammino ossidasi) non funziona. C’è quindi un aumento della concentrazione di istamina nel plasma.

Per questo motivo è importante ridurre il consumo di alimenti ricchi di istamina, quali:

  • Prodotti pronti o in scatola
  • Alcol, aceto, lievito
  • Insaccati
  • Pesce in scatola e frutti di mare
  • Formaggi
  • Spinaci, pomodori, melanzane, avocado

I sintomi si manifestano durante e dopo il pasto e sono quelli di una classica intolleranza: prurito ed arrossamenti sul corpo, disturbi gastrointestinali, mal di testa, raffreddore cronico, labbra gonfie.

Farmaci antistaminici

Gli antistaminici sono usati per trattare le reazioni allergiche e sono disponibili in vari formati: compresse, crema o spray.

Questi farmaci agiscono come antagonisti, legando il recettore istaminergico e bloccando il rilascio di istamina quando l’organismo entra in contatto con l’allergene.

Antagonisti del recettore H1

1° generazione:

Difenidramina

Hanno una struttura tanto lipofilica da poter passare la barriera ematoencefalica, causando stanchezza.

A causa della bassa selettività per il recettore H1, possono legare anche altri recettori (della serotonina, colinergico e alfa-adrenergico). Questo comporta lo sviluppo di una serie di effetti collaterali: secchezza delle fauci, tachicardia, tremolii e aumento dell’appetito.

Oltre all’effetto principale, ovvero quello di bloccare l’azione dell’istamina e quindi fermare la reazione allergica, c’è anche l’effetto antiemetico.

2° generazione:

Desloratadina

Sonoi ormai i più usati, in quanto strutturalmente meno lipofilici e quindi non sono in grado di passare la barriera ematoencefalica. Sono più selettivi nei confronti dei recettori H1 periferici, coinvolti nelle reazioni allergiche, e per questo motivo danno meno effetti collaterali.

3° generazione:

Sono i più recenti principi attivi scoperti, sono molto selettivi e per questo presentano ridotti effetti collaterali.

Antagonisti del recettore H4

Recentemente, è stato visto che anche gli antagonisti del recettore H4 potrebbero essere impiegati come antistaminici per il trattamento di allergie, ma al momento è ancora oggetto di studi.

Antagonisti del recettore H2

Questo tipo di antagonisti agiscono come gastroprotettori, per bloccare la secrezione di succhi gastrici indotta dall’istamina.

Sono usati per il trattamento del reflusso gastro-esofageo ed ulcere.

Ranitidina
Fonti:

The Role of Histamine and Histamine Receptors in Mast Cell-Mediated Allergy and Inflammation: The Hunt for New Therapeutic Targets – link

Intolleranza all’istamina – link

Branco, Anna Cláudia Calvielli Castelo et al. “Role of Histamine in Modulating the Immune Response and Inflammation.” Mediators of inflammation vol. 2018 9524075. 27 Aug. 2018, doi:10.1155/2018/9524075

Tatarkiewicz, Jan et al. “New antihistamines - perspectives in the treatment of some allergic and inflammatory disorders.” Archives of medical science : AMS vol. 15,2 (2019): 537-553. doi:10.5114/aoms.2017.68534

Tocilizumab: l’antireumatico utilizzato nella lotta contro COVID-19

Tocilizumab è un farmaco biotecnologico utilizzatto maggiormente come trattamento dell’artrite reumatoide, un’infiammazione cronica autoimmune che comporta il danneggiamento proggressivo delle articolazioni.

Figura 1: mAb umanizzato

Questo farmaco consiste in un anticorpo monoclonale (mAb) umanizzato ricombinante, ovvero un anticorpo umano (IgG1) le quali porzioni variabili (che legano l’antigene) sono state sostituite da porzioni variabili di origine murina (topo), come mostrato nella figura 1. Ha azione immunosoppressiva, agendo come antagonista del recettore, sia solubile che di membrana, per l’interleuchina 6 (IL-6).

IL-6 è una citochina proinfiammatoria pleiotropica prodotta da linfociti T, B, monociti e fibroblasti. Essa è coinvolta nell’attivazione dei linfociti T, nell’induzione della secrezione delle immunoglobuline, nella sintesi delle proteine di fase acuta e nella stimolazione dell’emopoiesi.

Se la sua produzione è up-regolata, in risposta ai mediatori dell’infiammazione quali TNFα e IL-1, può causare diverse infiammazioni croniche autoimmuni tra cui artrite reumatoide (AR), artrite idiopatica giovanile sistemica (AIGs), sindrome da rilascio di citochine e lupus eritematoso sistemico.

Meccanismo d’azione

Tocilizumab è in grado di legare entrambi i tipi di recettori per IL-6, a livello del sito di legame. Questa interazione impedisce alla citochina di legarsi ed attivare la cascata pro-infiammatoria, diminuendo l’infiammazione cronica.

La somministrazione di questo farmaco può essere associata con metotressato (MTX) oppure dato in monoterapia in caso di intolleranza a MTX.

Tocilizumab e SARS cov-2

Nelle ultime settimane, è stato visto che il Tocilizumab (TCZ) sembra avere effetti positivi nel trattamento dell’infezione da COVID-19. Per questo motivo sono stati avviati diversi studi sperimentali, tra cui uno studio di fase III recentemente autorizzato dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).

Si tratta di uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco che valuterà efficacia, sicurezza, farmacodinamica (concentrazione sierica di IL-6, il suo recettore e proteina C reattiva in time point specifici) e farmacocinetica (concentrazione sierica di TCZ in time point specifici) rispetto a un placebo, entrambi in combinazione con lo standard di cura (SOC), in pazienti ricoverati con grave polmonite da COVID-19.

Lo studio intende selezionare 330 pazienti con almeno 18 anni di età e diagnosi di polmonite da COVID-19 confermata secondo i criteri dell’OMS. Questi pazienti saranno randomizzati per ricevere il trattamento in cieco con TCZ o con placebo in combinazione con SOC.

La quantità di farmaco somministrata ai pazienti assegnati al braccio con TCZ (tramite infusione endovenosa), sarà di 8 mg/kg, con una dose massima di 800 mg. A seguito della prima dose somministrata, i pazienti saranno sottoposti a follow-up per 60 giorni.

Al momento non ci sono risultati significativi ed essendo che lo studio durerà circa 10 mesi, bisognerà aspettare del tempo.

Il documento pubblicato dall’AIFA sullo studio in corso: Download

Fonti:

AIFA – sperimentazioni cliniche COVID-19 (link)
Ministero della salute – nuovi studi di sperimentazione COVID-19 (link)
DrugBank – Tocilizumab (link)

 

Paracetamolo

Acetominofene

Il paracetamolo (o acetaminofene) è un derivato dell’anilina.

Ha proprietà analgesicheantipiretiche ed ha un basso effetto antinfiammatorio (ma non è considerato FANS). Inoltre, è spesso somministrato in combinazione ad altri farmaci.

Fu sintetizzato per la prima volta nel 1877 da Harmon Northrop Morse dalla riduzione in acido acetico glaciale del p-nitrofenolo. Solo nel 1887 fu testato per la prima volta su esseri umani.
Dopo esser stato più volte scartato, venne commercializzato per la prima volta nel 1953 come Panadol quando diversi studi confermarono la sua sicurezza in quanto non genotossico come i suoi precursori (acetanilide e fenacetina).

Di certo, è il medicinale da banco più comunemente usato in quanto ha un ridotto rischio di provocare reazioni allergiche e per questo considerato come un valido sostitutivo dell’aspirina.

A differenza di quest’ultima, il paracetamolo non ha attività inibitoria nei processi di aggregazione piastrinica, non compromette la secrezione dell’acido urico (prodotto dal metabolismo delle prurine) e l’effetto gastro-lesivo è minimo.

Farmacodinamica

L’esatto meccanismo d’azione non è stato tuttora completamente definito, secondo una prima teoria il paracetamolo sarebbe un debole inibitore delle cicloossigenasi 1 e 2 (COX1 e COX2) che sono coinvolte nella sintesi delle prostaglandine (molecole che inducono le sensazioni di dolore) a partire dall’acido arachidonico. Il paracetamolo non agisce sulle cicloossigenasi dei tessuti periferici per questo non ha nessun effetto anti-infiammatorio a livello periferico.

Farmacocinetica

Assorbimento

Il paracetamolo ha una biodisponibilità (% di farmaco che raggiunge la circolazione sistemica) dell’88% se somministrato per via orale e raggiunge la concentrazione massima nel plasma dopo 90 minuti dall’ingestione.

Distribuzione

Data la sua bassa affinità con le proteine plasmatiche, questo farmaco viene distribuito in modo più omogeneo in tutto l’organismo ed è in grado di attraversare la barriera ematoencefalica con rapido accesso al sistema nervoso centrale (SNP). Ciò conferisce un effetto antidolorifico a livello centrale.

Metabolismo ed eliminazione

Il paracetamolo è metabolizzato principalmente dal fegato ed il suo metabolismo comprende tre vie:

  1. Coniugazione con glucuronide
  2. Coniugazione con solfato
  3. Ossidazione ad opera del sistema citocromo P450 (precisamente il CYP2E1) producendo un metabolita reattivo, il NAPQI. Questo viene poi coniugato con il glutatione e infine metabolizzato ad acetamiofene cisteina e acido mercapturico.

Questi metaboliti vengono poi escreto nelle urine. Circa il 90% della dose somministrata viene escreta entro 24h.

Dose terapeutica

La dose terapeutica, per un adulto, è di 325-500mg per quattro volte al giorno.

La dose massima terapeutica (raccomandata dalla Farmacopea Ufficial Italiana) è di 3g di paracetamolo al giorno.

Emivita

L’emivita (tempo necessario per diminuire la quantità di un farmaco del 50% nel plasma) è di circa 2.5h se somministrato per via parenterale e 1-4h se somministrato per via orale.

Tossicità

Vertigini, disorientamento e rash cutanei sono i primi segni del sovradosaggio da paracetamolo mentre, a livello ematico, si rilevano neutropenia e trombocitopenia (ovvero numero di neutrofili e piastrine sotto la norma).

L’overdose da paracetamolo causa epatotossicità dovuta alla diminuzione del glutatione, con conseguente accumulo di NAPQI che legherà e danneggerà gli epatociti. Si manifesta, quindi, una necrosi dell’organo alla quale è spesso associata necrosi tubulare renale con conseguente allungamento dell’emivita del farmaco.

Sintesi

Fonti

Drugbank – link

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 4.0 Internazionale.

Cinnamaldeide

La cannella è la spezia invernale per eccellenza, utilizzata sia nei piatti dolci che salati. Questo bastoncino non è altro che la corteccia essiccata ed arrotolata dell’omonimo albero sempreverde.

Oltre che essere un’ottima spezia dal punto di vista culinario, si è dimostrata essere molto efficace anche in ambito terapeutico.

L’olio essenziale

Dalla cannella è possibile estrarne l’olio essenziale attraverso distillazione in corrente di vapore, ovvero una tecnica che sfrutta la proprietà fisica degli oli essenziali di essere volatili e quindi facilmente vaporizzabili e trascinabili dal vapore acqueo. La composizione chimica di questo olio prevede varie molecole tra cui eugenolo, acido cinnamico e cinnamaldeide, sulla quale ora ci soffermeremo nel dettaglio.

La cinnamaldeide è la componente più abbondante dell’olio essenziale di cannella (90% ca.) ed è l’aldeide che conferisce il caratteristico sapore e odore dolciastro e pungente. La sua biodisponibilità (quantità, dopo l’introduzione nell’organismo, effettivamente utilizzata) è piuttosto bassa, <20%, e la maggior parte è escreta dalle urine come acido cinnamico.

Usi, benefici e avvertenze

È utilizzata per le sue proprietà fungicida, insetticida, carminativa e addirittura anticorrosiva per l’acciaio. Diversi studi hanno dimostrato il suo effetto ipoglicemizzante, in pazienti diabetici, e ipocolesterolemizzante, in pazienti affetti da patologie cardiovascolari. Inoltre, grazie alla sua proprietà antibatterica, pare essere molto efficace contro le infezioni da H. pylori che causano disturbi gastrointestinali.

A livello industriale, questa molecola viene ottenuta per condensazione aldolica della benzaldeide con l’acetaldeide e viene utilizzata nell’industria dei profumi come fragranza.

Sebbene presenti molti benefici, l’olio essenziale puro di cannella a contatto diretto con la pelle può avere un effetto irritante (che se prolungato oltre le 48h può provocare ustioni superficiali!) e causare infiammazione ed erosione della mucosa gastrointestinale. Inoltre, può essere tossica a dosi elevate.

E’ stato osservato negli ultimi anni un costante incremento di casi di dermatite allergica da contatto (ACD) dovuti all’aumento del consumo di profumi e creme che utilizzano l’aldeide cinnamica come fragranza. L’ACD è diagnosticabile grazie ad un comune patch test.

Pagina: ESTRAZIONE DELLA CINNAMALDEIDE DALLA CANNELLA

Fonti e letture consigliate

  • DrugBank.ca: Cinnamaldehyde
  • National Center for Biotechnology Information. PubChem Compound Summary for CID 637511, Cinnamaldehyde. https://pubchem.ncbi.nlm.nih.gov/compound/Cinnamaldehyde.
  • Muhammad, Jibran Sualeh et al. “Anti-inflammatory effect of cinnamaldehyde in Helicobacter pylori induced gastric inflammation.” Biological & pharmaceutical bulletin vol. 38,1 (2015): 109-15. doi:10.1248/bpb.b14-00609
  • Ali, Shaik Mahaboob et al. “Antimicrobial activities of Eugenol and Cinnamaldehyde against the human gastric pathogen Helicobacter pylori.” Annals of clinical microbiology and antimicrobials vol. 4 20. 21 Dec. 2005, doi:10.1186/1476-0711-4-20
  • Subash Babu, P et al. “Cinnamaldehyde–a potential antidiabetic agent.” Phytomedicine : international journal of phytotherapy and phytopharmacology vol. 14,1 (2007): 15-22. doi:10.1016/j.phymed.2006.11.005
  • Zhu R, Liu H, Liu C, et al. Cinnamaldehyde in diabetes: A review of pharmacology, pharmacokinetics and safety. Pharmacol Res. 2017;122:78-89. doi:10.1016/j.phrs.2017.05.019
  • Valentina Viti, La Cannella: rimedio naturale contro le iperglicemie?

Il sistema immunitario

Il sistema immunitario (S.I.) è un insieme sofisticato di meccanismi, molecole, cellule, tessuti e organi che hanno il ruolo di difesa del nostro organismo da agenti esterni che possono essere patogeni e dall’insorgenza di neoplasie con la capacità di riuscire a distinguere le cellule che fanno parte del nostro organismo (self) da quelle che non ne fanno parte (non-self).

Il S.I. è suddiviso in:

  • immunità innata (aspecifica) è la prima ad attivarsi ma ha una limitata capacità di riconoscimento
  • immunità acquisita (specifica) ha bisogno di diversi giorni per attivarsi, ha un’alta capacità di riconoscimento

Tra le componenti dell’immunità innata si hanno le barriere fisiche come il tessuto epiteliale e le mucose, e componenti cellulari come i leucociti (globuli bianchi) in particolare granulociti, monociti e natural killer infine l’ultima componente dell’immunità innata è costituita da proteine circolanti nel sangue.

Le componenti dell’immunità acquisita sono invece linfociti B e T, i primi utili per la produzione di anticorpi i secondi per attivare una risposta cellulo-mediata. Entrambi sono classificati in differenti classi in base al tipo di MHC (complesso maggiore di istocompatibilità) che riconoscono sulle cellule che presentano l’antigene (APC).

Cosa rende l’immunità specifica diversa da quella innata?
La specificità nel riconoscere molecole uniche (antigeni) del patogeno, la capacità di discriminare il self dal non-self quindi riconoscere ed eliminare tutto ciò che non è parte del nostro organismo e la memoria che si instaura dopo la prima infezione, con lo sviluppo di linfociti di memoria in grado di riconoscere il patogeno in un eventuale secondo incontro (velocizzando la risposta immunitaria).

Cosa succede quando un corpo estraneo supera la cute?
Le prime cellule reclutate sono i granulociti neutrofili che rilasceranno molecole dette citochine che recluteranno le altre cellule del S.I. e molecole citotossiche nei confronti dell’agente esterno.
Avranno poi ruolo i macrofagi che attraverso la fagocitosi, internalizzeranno il patogeno e attraverso il sistema linfatico, lo presenteranno nei linfonodi ai linfociti T. Questi produrranno a loro volta molecole che attiveranno i linfociti B e T citotossici che  potranno riconoscere il patogeno e eliminarlo.
Quando il patogeno sarà completamente eliminato, verranno attivati i linfociti T regolatori che uccideranno tutti i linfociti effettori, spegnendo la risposta infiammatoria.

Tutto il processo infiammatorio e la sua risoluzione sono controllati dall’ambiente citochinico, questa classe di molecole permette anche di indirizzare le cellule del S.I. sul luogo del danno o dove è presente il patogeno.

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 4.0 Internazionale